Lunedì 27 agosto 2018 –
47° giorno di viaggio
Meteore – Grecia
La visita turistica per
eccellenza
Non possiamo ancora
saperlo, ma ieri sera abbiamo montato il nostro ultimo campo sul territorio
greco.
Non è stato facile scovare
il luogo adatto per la tenda adesso che siamo così lontani dal mare, ai bordi
di una strada di grande scorrimento, piena di tornanti su cui arrancano auto e
tir fino a tarda notte.
In più, quando
raggiungiamo questo piccola area di sosta accanto alla gola di un torrente, per
superare il quale ci siamo dovuti immettere su un ponticello ad una sola corsia
che sembrava troppo stretto pure per la Mauromobile, figurarsi per tutti gli altri camion
con rimorchio, abbiamo avuto un tuffo al cuore: sotto al cartello scritto in
greco che invita a tenere pulito il posto (che con l’aiuto del dizionario
riusciamo ormai a decifrare facilmente) c’è tutta una distesa di rifiuti di
vario genere e di cartacce sparpagliate dal vento, che però non è stato certo
il vento a portare fin quassù. Per non dormire tra i rifiuti ci infiliamo
subito i guanti e, come due provetti giardinieri, in meno di mezz'ora ripuliamo
le due aiuole antistanti la fonte di acqua naturale, fresca e zampillante e
così gorgogliante da tenerci compagnia durante la frugale cena del tramonto e
anche per tutta la sonora dormita dell’ultima notte in Grecia.
Non siamo soli: c’è un bel
cane randagio a fare la guardia alla tenda. Si accoccola sui gradini mentre
mangiamo e finisce che dividiamo con lui pane e companatico, e con l’intrepido
gatto rosso tigrato che sopraggiunge nel frattempo i resti del pollo arrosto
avanzato dal pranzo in taverna. Il gatto sparisce dopo essersi riempito la
pancia, mentre il cane rimane accanto al nostro campo, talmente vicino a noi da
svegliarci un paio di volte durante la notte coi suoi sonori sbadigli e con le
sue prolungate grattate dietro le orecchie.
Qui in Grecia i cani
randagi non sono mai i cani di nessuno, abbandonati a loro stessi e al loro
destino, ma sono piuttosto i cani di tutti, perché c’è sempre qualcuno che
viene a portare loro da bere e da mangiare: qui c’è una fonte corrente e
l’acqua fresca non manca mai, per il cibo invece ci pensano a turno i contadini
dei dintorni, come questo signore che scende dall’auto di primo mattino e
scarta due pacchetti di carta argentata ricolmi di ossa. Il nostro cane da
guardia per una notte si allontana per qualche minuto, ma poi torna a salutarci
quando ce ne andiamo.
Dopo avere percorso tanti
chilometri di autostrada siamo contenti di arrampicarci su per questi tornanti
soleggiati, nascosti di tanto in tanto dalle nuvole sparse che corrono in cielo
e tra le montagne.
Ci separano ancora una
trentina di chilometri dalla località turistica più visitata della Grecia dopo
l’acropoli di Atene: le Meteore.
Questi incredibili
monasteri costruiti sui picchi delle falesie di arenaria che contornano la
vallata, e che sembrano del tutto irraggiungibili, sono dei veri e propri nidi
in mattoni appollaiati tra le nuvole. Quando arriviamo al paesino di Kalambaka
e svoltiamo per Kastraki, costruito proprio ai piedi delle falesie, ci rendiamo
conto della unicità dello spettacolo naturale: più dei monasteri, infatti, ci
attirano ed incuriosiscono i giganteschi pinnacoli dilavati nel corso dei
secoli dall’acqua e dal vento, tanto che dopo finiamo anche per visitare il
piccolo museo geologico del paese. Entriamo in un unico monastero, quello di
Rousanou occupato dalle suore, l’unico cioè abitato da sole donne: la guida
turistica dice che è il più facile da raggiungere, basta attraversare un
ponticello sospeso, ma Mauro si mette a contare i gradini che salgono su per il
versante della montagna ed arriva a 255 quando siamo appena alle soglie del
monastero. Dobbiamo indossare abiti lunghi, sia io che lui, per non lasciare le
gambe scoperte e ci perdiamo per qualche lungo minuto nella visita della
piccola chiesetta interna, tutta affrescata e profumata di incenso. Ma siamo
attratti dal paesaggio che si intravede oltre le feritoie, più che dall’interno
del monastero.
Usciamo all’aria e al vento
e saliamo ancora.
Restiamo seduti ad
ammirare il panorama per molto tempo.
Fino a quando su questi
pietre levigate e tondeggianti non si affollano troppi visitatori: Mauro
scalpita e rimugina ad alta voce su quanto sia più facile affrontare in kayak
un mare in tempesta piuttosto che a terra questa orda di barbari!
Ci ritiriamo in buon
ordine, restando per qualche lungo minuto imbottigliati nel traffico
disordinato dell’unica strada asfaltata che sale ai monasteri più famosi e
visitati: preferiamo seguire le indicazioni per una taverna appartata, lontana
dal caos ma in posizione panoramica.
Sotto una pioggerella
fitta fitta che nel frattempo ha preso a cadere e che non smetterà più di
bagnare il paesaggio, ci sediamo ai tavolini sistemati sotto la veranda del
locale e mentre ci riempiamo gli occhi della vista (da lontano) delle Meteore,
ci riempiamo anche la bocca dei nostri sapori preferii della cucina greca.
Quando la temperatura
scende tanto da farci indossare i piumini imbottiti, ci decidiamo a scendere dai
mille metri di queste montagne verdi per raggiungere di nuovo il mare.
Non sappiamo bene dove
fermarci per la notte, senza rischiare di inzupparci sotto questa pioggia
insistente, così proseguiamo decisi verso il porto di Igoumenitza.
Non sappiamo neanche se ci
sono posti liberi per un’auto e due passeggeri sui traghetti che partono per
l’Italia: alla biglietteria ci confermano, infatti, che l’unica tratta con
posti ancora disponibili è quella per Brindisi.
Saltiamo sul primo
traghetto, che pure parte a mezzanotte, a salutiamo la nostra amata Grecia…
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L'ultimo campo in Grecia... |
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L'arrivo alle Meteore... |
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Le guglie di arenaria millenaria... |
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Siamo sempre lì! |
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In contemplazione prima dell'invasione... |
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Le pietre esposte al museo... |
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L'ingresso del Museo geologico delle Meteore a Kastraki... |
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La snervante attesa al porto... |
Martedì 28 agosto 2018 –
48° e ultimo giorno di viaggio
Igoumenitza – Brindisi
Il lento ritorno a casa
La notte in traghetto è
stata tranquilla.
Nonostante i due cagnolini
troppo allegri della famiglia turco-belga che si stende accanto a noi sulla
moquettes del ponte numero cinque.
La mattina invece sembra
essere lunghissima.
Le operazioni di sbarco
sono le più caotiche a cui ci sia mai capitato di assistere, come del resto
anche quelle di imbarco della sera prima, durate oltre tre ore mentre gli addetti
sceglievano nelle lunghe file di auto quelle da far salire prima per occupare
ogni minimo spazio nella stiva del traghetto. Al mattino, poi, nessuno sembra
preoccuparsi dello sbarco: scendono alla rinfusa i passeggeri senza auto, poi
vengono chiamati gli autisti ma le scale di accesso ai garage sono occupate
dagli altri viaggiatori, una volta raggiunta l’auto il groviglio è tale che
spostarne una sembra quasi impossibile. Solo dopo un’ora dall’attracco la Mauromobile, che pure
è stata la penultima auto ad essere imbarcata, riesce a conquistarsi lo spazio
sufficiente per la manovra ed ecco che scende dalla rampa.
Pensiamo di essere
finalmente liberi ma non è così: anche se i controlli al porto greco di
Igoumenitza sono stati capillari ed accurati, l’uscita dal porto di Brindisi è
intasata da lunghissime file di auto e camion, ben rimescolate nonostante i
chiari cartelli in inglese ed italiano che invitano a disporsi su diverse
corsia a seconda del mezzo e della destinazione. I finanzieri sono numerosi ma
le domande che ci vengono rivolte, dopo un’altra ora di attesa sotto il sole,
ci hanno lasciato del tutto interdetti: dove andate, quanti contanti avete,
trasportate sigarette o alcool? Non ci sembra neanche più di essere nell’Europa
unita della libera circolazione delle persone e delle cose…
Una volta imboccata la
statale, però, ci sentiamo ancora in Grecia.
I bordi della carreggiata
sono incolti ed i cespugli ricoprono parte dei guard-rail, i segnali stradali
sono sbiaditi e quasi illeggibili, per non dire delle segnalazioni luminose: in
Grecia erano tutte anche in inglese, perfettamente comprensibili ai tanti
turisti straniere che visitano il paese, mentre in Italia sono scritte solo in
un italiano pure approssimativo…
Ci consola però il
panorama ineguagliabile del nostro Bel Paese!
Ci attendono alcune ore di
guida fino a Latina ma procediamo spediti verso la nostra meta finale, pronti a
rientrare nella normalità della vita quotidiana.
Il viaggio è finito ma ci
attendono presto nuove avventure e non mancheremo di aggiornare ancora il blog…