Psakoudia – Paralia Elia (24 km )
Vento SW 5-8 nodi (F2-3) –
mare quasi calmo – 30°C
Giornata noiosa
Trascorriamo buona parte
della mattinata all’ombra della fresca raduna di rubinie alle porte del
paesino. Ci riprendiamo il sonno rubato dalla taverna in cui abbiamo cenato la
sera prima, dove ci hanno fatto attendere oltre mezz’ora per portarci il conto…
o forse è stata la porzione troppo generosa di tsipouro aromatico, il forte
liquore tipico di queste parti.
Partiamo con tutta calma e
copriamo appena sette chilometri nelle prime due ore: la brezza, benché appena
accennata, soffia in direzione ostinata e contraria, come cantava il poeta, e
ci rallenta in maniera indegna.
La costa corre bassa e
poco frastagliata ma comincia a farsi bella, piena di verde e con tante spiagge
attraenti. Regna il silenzio, anche davanti agli ultimi sparuti stabilimenti
balneari, che per nostra fortuna non sparano più musica a tutto volume.
Recuperiamo un poco di
energia e di chilometri nel pomeriggio, quando si attenua finalmente la brezza
contraria, dopo un paio di soste in piccole calette idilliache dove però non
riusciamo proprio a restare da soli: c’è ancora troppo gente intorno.
Sbarchiamo in una baia
riparata, sia mai che il vento abbia intenzioni impreviste: le due ragazze, che
hanno lungamente atteso il rientro dei compagni subacquei dalla battuta di
pesca che ha fruttato loro appena un piccolo polpo, ci salutano con grandi
sorrisi e ci augurano di trascorrere una buona serata. Ma ci dicono di stare
attenti alle zanzare, che infatti non si fanno attendere…
Il campo delle zanzare alla spiaggia di Paralia Elia... |
La taverna 8+ a Paradisos! |
L'inizio del fortunale... |
Il cielo sempre più minaccioso... |
Il guado dello stretto... |
Dopo una notte di pioggia battente nella baia di Diaporti |
Uno dei vari "campeggi liberi organizzati" incontrati lungo costa... |
Lunedì 23 luglio 2018 –
12° giorno di viaggio
Paralia Elia – Diaporti (24 km )
Vento variabile da SE 3-5
nodi (F2) a NW 30 nodi (F7) – mare da calmo a mosso – 28°C
Giornata movimentata
Due ore di calma piatta,
quattro ore in taverna e due ore di tempesta!
La giornata potrebbe anche
riassumersi così.
E al mattino pensiamo
proprio che sia la solita giornata noiosa: che palle. Perché comincia con un
cielo coperto ed un mare calmo ed una costa priva di interesse che ci toglie
ogni energia.
Quando sbarchiamo nel
paesino di Paradisos abbiamo solo intenzione di fare un po’ di spesa. Mentre torniamo
ai kayak con le buste piene di yogurt, frutta fresca e “sesamini”, però, un
deciso vento contrario inizia a soffiare in maniera così improvvisa che ci ricrediamo
subito: meglio fermarsi a pranzo in taverna. Tanto più che quella che si apre
davanti ai nostri occhi è la prima vera taverna greca in cui ci siamo imbattuti
dall’inizio del viaggio: veranda sul mare, tavoli di legno, conduzione
famigliare. E pazienza per i buoni propositi: quelli d consumare solo barrette
di semi di sesamo tostato col miele di cui abbiamo appena fatto incetta. Che
senso ha combattere contro il vento quando lungo la costa non c’è niente di
interessante da vedere? I piatti di gavros, horiatiki e tzatziki ci convincono
di avere fatto la scelta giusta! Impieghiamo appena una mezz’oretta per
consumare quello che è ormai diventato il nostro menù “tradizionale”: sardine
marinate, grigliate o fritte, come capita oggi, insalata greca con pomodori
freschi e gustosi, cetrioli, cipolle, olive ed una generosa fetta di feta, il
formaggio greco, ed il solito contorno di tzatziki, la famosa crema greca di
yogurt, aglio e cetrioli. Le altre tre ore e mezza le passiamo ad osservare il
mare, con le gambe sempre ben disposte sotto al tavolo apparecchiato sulla
spiaggia, a due passi dai nostri kayak.
Alle sei del pomeriggio il
vento contrario cala all’improvviso.
Ci prepariamo.
Appena oltre il capo
Akrotiri Marmara, che ospita un campeggio di roulottes stanziali sistemate su
terrazzamenti digradanti verso un’unica piccola spiaggia di sabbia fine,
qualcosa cambia alle nostre spalle.
Notiamo dapprima qualche
raro frangente che spruzza di bianco l’orizzonte vicino, verso il fondo del
golfo di Kassandra. Sentiamo anche il rombo costante del mare che cresce e si
avvicina. Dopo qualche minuto l’aria si rinfresca all’improvviso ed il vento
inizia a soffiare deciso da nord-ovest, la direzione opposta rispetto a quella
da cui soffiava in mattinata. Il cielo si riempie di nuvoloni scuri ed ogni
tanto sentiamo anche qualche tuono lontano. Sappiamo già cosa sta per succedere,
per averlo vissuto durante il periplo della Sardegna tre anni addietro: è l’inizio
di un temporale.
Il bello di un viaggio in
kayak è anche questo: poter scrutare l’orizzonte a 360 gradi, notando anche il
più lieve cambiamento nell’aria e monitorando ogni repentino stravolgimento
delle condizioni atmosferiche. In città non è quasi mai possibile, al massimo
si riesce a vedere una strisciolina di cielo tra i palazzi e non si può mai
godere di una visione d’insieme. In kayak ci capita spesso di sentirci al
centro del mondo.
Solo che oggi questo mondo
ha deciso di diventare nero.
Dapprima il mare prende il
colore avvolgente del mercurio, poi quello intenso del petrolio, mentre dietro
di noi le onde prendono a striare di bianco il mare diventato scuro come la
pece. Il vento si fa aggressivo, ci costringe a calare tutta la deriva, a
correre veloci sulle onde ravvicinate e ad usare appoggi e timonate per
mantenere rotta ed equilibrio. Le creste spumose dei frangenti si fanno alte e
nervose, lanciandoci a volte in lunghe galoppate che ci allontanano l’uno
dall’altra. Riavvicinarsi non è mai troppo difficile, anche se filiamo sul mare
in tempesta ad oltre cinque nodi, come mai prima in questo viaggio ci era
capitato di fare. Per rassicurare gli occupanti di una vela all’ancora che si
sbracciano per richiamare la nostra attenzione, forse per capire se abbiamo
bisogno di assistenza, ci avviciniamo e scattiamo qualche foto alla loro bella
imbarcazione: col tempo abbiamo capito che scattare foto nel mare mosso è il
segnale più chiaro e rassicurante che stiamo bene e che ci stiamo pure
divertendo!
C’è solo un momento, per
fortuna spazzato via veloce dal vento, in cui temo di esserci cacciati in un
bel guaio: quando le raffiche sempre più violente sollevano in aria acqua
nebulizzata proprio davanti alle prue dei nostri kayak. Sappiamo per esperienza
che i mulinelli d’aria sono il chiaro segnale di un vento forza 8, che ci siamo
ripromessi da tempo di evitare in ogni modo. Con l’acqua nebulizzata, invece,
siamo “appena” in un forza 7, possiamo ancora navigare. Tanto più che filiamo dritti
come due proiettili.
In quell'unico attimo
penso che, se fosse proprio necessario, potremmo sempre zatterare i due kayak e
farci portare dal vento, che per una volta va dove anche noi dobbiamo andare.
Ma non arriviamo a tanto.
E’ nostra intenzione
superare d’infilata l’ampio golfo di Nea Marmaras per non vedere quei due
alberghi color giallo paglierino, che sembrano più due navicelle spaziali schiantate
in riva al mare, costruiti davanti all’insenatura naturale di Porto Carras,
trasformata neanche a dirlo in un porticciolo turistico per i danarosi clienti
di cotante schifezze architettoniche.
Oltre il capo dovremmo
essere ridossati e gli spintoni del vento dovrebbero calare.
In poco meno di mezz’ora
siamo di là, ma la costa così frastagliata accoglie il vento in ognuna della
molte vallate che terminano nelle calette sabbiose incassate lungo la scogliera
rocciosa. Ognuna di queste baiette meriterebbe una sosta: le spiagge di sabbia
fine sono incoronate da una fitta schiera di pini alti e rigogliosi, non ci
sono case, né tende, né motoscafi, né auto, né musica. E’ un piccolo angolo di
paradiso, il primo che ci capita di incontrare da quando abbiamo iniziato il
viaggio nella penisola calcidica: il tratto di costa tra Porto Carras e Galini
è uno dei più belli di questa parte di Grecia.
Peccato solo che noi ce lo
godiamo di sfuggita, presi come siamo a contenere le sferzate del Meltemi. Di
quando in quando gettiamo uno sguardo alla costa, ma per la maggior parte del
tempo siamo concentrati sul mare: le raffiche precipitano dai tre-quattrocento
metri delle colline circostanti e prendono velocità ancor prima di raggiungere l’acqua.
Ed i nostri due kayak. Appena entriamo in una cala, il vento ci investe al
traverso, costringendoci a cambiare completamente l’assetto di navigazione;
quando siamo oltre la metà della baia, lo stesso vento si rimette prima al
giardinetto, condizione che per me risulta più laboriosa da gestire, e poi
ancora di poppa piena. Laddove contavamo di essere ridossati, ci ritroviamo
invece ancora investiti dal vento forte e teso che scende da nord.
Portiamo pazienza fino al
capo successivo, quello punteggiato dalle tre isolette sorelle di
Spalathronisia, e cerchiamo con qualche fatica il varco che separa la terra
ferma dalla più grande isola di Pounda, proprio sulla punta di questa strana
penisoletta. L’ora è ormai tarda, sono scoccate le otto di sera, il cielo è
sempre più scuro di nuvoloni e qualche folata inizia ad essere più fredda e
pungente delle altre. La carta ed il gps ci dicono che c’è uno stretto, un
piccolo passaggio oltre il quale trovare rifugio ma… nella realtà non lo
riusciamo a vedere. Non perché le onde siano ancora troppo grosse da nascondere
la costa, e neanche perché la nostra concentrazione sia tutta rivolta al mare
ingrossato dal vento. E’ solo che ‘sto benedetto canale non lo riusciamo
proprio a scovare.
Finalmente, dopo avere
passato al largo la terza isoletta, notiamo un basso fondale che potrebbe
essere il nostro stretto… così stretto e basso che dobbiamo scendere dal kayak
per riuscire a guadarlo!
Poi veniamo catapultati in
un altro mondo: il mare è piatto come l’olio, il vento sibila solo tra le
fronde lontane degli alberi più alti, l’aria si fa immota e calda. Scegliamo la
spiaggia più lontana dal campeggio, uno dei tanti che si affacciano su questa
parte della penisola di Sithonia.
Appena sbarchiamo,
contenti di esserci tratti d’impaccio da un così tempestoso temporale estivo, affaticati
dalla imprevista galoppata marina e sollevati all’idea di poterci godere l’ultima
ora di luce della giornata, inizia a diluviare. Neanche il tempo di rilassarci
un momento: indossiamo la giacca d’acqua che fino ad ora era rimasta nei
gavoni, montiamo la tenda in fretta e furia e ci rifugiamo nel suo covo caldo e
buio ancora tutti bagnati ed infreddoliti.
Ceniamo al volo con
grissini di sesamo ed un grappolo d’uva.
Stanchi e contenti della
giornata così piena e movimentata!
I massi granitici del vecchio Kastro Likythos... |
Braccati dal temporale... |
Scogli interessanti... |
Sotto la pioggia... |
Tripudio di rocce colorate verso Koufos... |
L'ingresso del Golfo di Koufos... |
Degno utilizzo delle pinne nobilis! |
Martedì 24 luglio 2018 –
13° giorno di viaggio
Diaporti – Koufos (14 km )
Vento NW 4-5 nodi (F2) –
mare calmo – 26°C
Giornata piovosa
Il risveglio è più lento
del solito.
Aspettiamo che il sole
faccia di nuovo capolino tra le nuvole per fare asciugare la tenda che si è
inzuppata durante la notte di pioggia.
Riprendiamo le sane
vecchie abitudini di ripartire dopo mezzogiorno.
Costeggiamo il primo
tratto di costa, disseminato di tante piccole spiagge di sabbia chiara su cui
hanno montato il campo sia delle tendine colorate che dei camper attrezzati di
tutto punto.
La successiva lunga
spiaggia di Toroni è ricoperta di bagnanti ed ombrelloni: non ce la sentiamo di
avvicinarci troppo e tagliamo sulla torre che ormai diroccata spunta poco più a
sud. Si tratta in realtà del vecchio sito archeologico del Castello di
Likythos, le cui imponenti mura di fortificazione sono ancora in parte ben
visibili lungo tutto il tratto roccioso dell’intero promontorio. Alcuni massi
imponenti di granito sono finiti in acqua e impreziosiscono la piccolo
spiaggetta ai piedi del castello in cui ci ritroviamo finalmente da soli.
Saliamo in kayak proprio
quando riprende a piovere.
Prima è una leggera
pioggerella fresca e delicata che ci fa sorridere, poi una pioggia più decisa e
consistente che fa saltellare goccioloni d’acqua dolce sul pelo dell’acqua
salata, e che ci fa scoprire innamorati dello spettacolo sempre nuovo ed
affascinante del temporale estivo. Dopo pochi minuti, però, la pioggia cresce
d’intensità e la consistenza delle gocce è tale da far quasi male alle braccia
nude. A parte questo trascurabile inconveniente, l’acqua diventa più calda
dell’aria, Mauro si calca in testa il cappello nord-ovest ed io continuo a
godermi il momento. Alla pioggia si aggiungono presto lampi e tuoni ed il cielo
sembra chiudersi attorno ai nostri due piccoli kayak.
Ci guardiamo un po’
perplessi ma non disperiamo: il nostro porto è vicino, appena oltre il capo,
dentro una baia riparata da tutti i venti e verso la quale corrono da direzioni
diverse sia una barca a vela che un peschereccio, per il momento ancora avvolti
da una fitta cortina di pioggia, tanto che sembrano levitare sull’acqua.
Non è facile trovare un
posto adatto per lo sbarco: la strada sterrata corre a pochi metri dal mare e
dal lato opposto del paesino di pescatori si apre uno stagno che sarà pieno di
zanzare.
Ci accontentiamo di un
triangolo di sabbia proprio accanto al porto, da cui scorgiamo subito la nostra
taverna per la cena, anche se è appena iniziato il pomeriggio: sarà che tutta
questa pioggia ci ha messo una gran fame!
Nessun commento :
Posta un commento