Nea Kallikratia – Stagno
sul confine di Kassandra (39
km )
Vento NW 12-16 nodi (F4) –
mare da calmo a mosso – 35°C
Col vento in poppa…
La notte è stata molto
rumorosa perché il porticciolo, benché malmesso, è molto frequentato: il nostro
piccolo scivolo di alaggio, accanto al quale abbiamo trovato un angolino buio
dove montare la tenda, è stato preso d’assalto da barchini di tutti i tipi,
alati da carrelli sgangherati e sferraglianti che arrivano ad ogni ora.
Al mattino siamo un po’
sotto tono.
Ci solleviamo con una
seconda colazione alla taverna dove abbiamo cenato la sera prima (qui non ci
sono orari di chiusura: le taverne sono sempre aperte, dal mattino presto alla
sera tardi, benedetti Greci!). Dopo il secondo frullato colorato ai frutti di
bosco, comodamente spaparanzati su due poltroncine di finto vimini, Mauro
inizia a dimenarsi: “Torniamo a sederci sulle nostre poltrone preferite!”
Prendiamo il mare
chiedendoci come mai tutti i porti di questo tratto di costa siano aperti verso
nord-ovest, da dove arriva il vento dominante: sono tutti insabbiati, manco a
dirlo, e quasi sempre disseminati di scogli affioranti. Questo in particolare
ha una serie di massoni semi-sommersi che occupano la zona prospiciente lo scivolo
di alaggio. Al centro del bacino creato da tre moli di legno, sono state
disposte in maniera apparentemente casuale una serie di aste coronate da decine
di galleggianti rossastri, oramai ben incrostati da piccole cozze nerastre: ci
sono altri massi sul fondo, chissà che prima non ci fosse un albergo.
La costa prosegue bassa e
lineare, con tante spiagge di sabbia fine occupate dagli immancabili
stabilimenti balneari, con qualche rado scoglio che fa capolino nell’acqua
turchese e con molti alberghi giganteschi che deturpano il paesaggio. E che
rischiano di finire in acqua da un momento all’altro, visto che hanno cercato
di sfruttare ogni metro disponibile sulla scarpata terrosa che precipita in
mare. Con l’unico evidente risultato di lasciar penzolare nel vuoto quei
monconi di cemento che non hanno resistito alle intemperie e che resteranno per
chissà quanto tempo ancora a testimoniare dell’ingordigia e della miopia degli
esseri umani.
Il Meltemi arriva puntuale
a mezzogiorno, imbianca il mare e cala alle quattro del pomeriggio. Non è il
Meltemi che abbiamo imparato a conoscere alle Cicladi, quello che non calava
mai neanche di notte. Ci godiamo però una pagaiata lunga, facile e veloce, con
le onde in poppa piena che crescono gradualmente fino ad arrivare ad oltre un
metro frangente, così regolari e potenti da lanciarci a volte in qualche breve
surfata.
Giungiamo in un baleno all'ultima cittadina sulla costa greca prima della penisola calcidica di
Kassandra. C’è una bella cattedrale circondata di numerose cupole in mattoni
rossi ed affiancata da un campanile così alto e sottile da sembrare un
minareto. Sono in corso dei lavori di ampliamento del porto antistante, già
molto grande e comunque sempre aperto a nord-ovest…
Dopo una serie di
collinette triangolari di arenaria rossa, intervallate da spiagge di sabbia
bianca e qualche rigogliosa vite di un bel verde acceso, scorgiamo il canale di
accesso alla piccola cittadina di Nea Potidea, la porta di ingresso della
penisola di Kassandra. Il canale, in realtà, taglia di netto lo stretto istmo
di terra e separa la penisola dalla terraferma: un chilometro scarso che
risente delle maree e delle correnti.
Noi ci togliamo lo sfizio
di passarlo in entrambi i sensi, anche se l’ingresso così stretto è quasi
nascosto dalle onde ingrossate dai bassi fondali, per andare a cercare una
spiaggia ridossata dal vento che ci permetta di fare una breve sosta di metà
pomeriggio. Quando torniamo indietro, scorgiamo sul ciglio del porto tre
canoisti italiani: Lucia, Roberto e Giancarlo sono appena arrivati e stanno
finendo di preparare i kayak per un viaggio di due settimane lungo le prime due
dita della penisola calcidica. Siamo contenti dell’incontro casuale e ci diamo
appuntamento alla prima spiaggia libera.
Col mare ancora un po’ formato,
ma con le onde che ormai arrivano al traverso, costeggiamo un’altra serie di
collinette rossastre, queste punteggiate soltanto di case vacanze, e dopo un
paio d’ore raggiungiamo il lungo litorale sabbioso che corre a sud fino alla
visibile torre di Sani: ci sembra il luogo adatto per il campo notturno, anche
se gli stagni nascosti dalla pineta lasciano prevedere l’assalto di altre
zanzare…
Un prezioso ritrovamento lasciato ai bimbi della spiaggia :-) |
Uno sguardo ravvicinato alla poppa del Voyager di Mauro... |
Il vento ci spinge di poppa... |
L'ingresso nel canale di Nea Potidea ... |
Le collinette di arenaria rossastra a sud di Nea Potidea... |
Il tramonto in tecnicolor sul confine della prima penisola di Kassandra... |
In compagnia di Lucia, Roberto e Giancarlo... |
Lunedì 17 luglio 2018 – 5°
giorno di viaggio
Stagno sul confine di
Kassandra – Skala Fourkas (19
km )
Vento NW 16 nodi (F4) in
attenuazione – mare da mosso a calmo – 34°C
Appiedati dalle rocce!
Come per la cena di ieri,
anche per la colazione di stamattina aspettiamo di essere tutti pronti per
stare un po’ in compagnia.
Lo scalino roccioso che
cinge la spiaggia crea una bella serie di onde frangenti che rendono la risacca
non solo rumorosa ma anche spumeggiante: difficile riuscire ad imbarcarsi in
queste condizioni, il rischio di battere la chiglia dei kayak sulle rocce è
alto, per non parlare del ricciolo d’acqua che finirebbe per caracollare nei
vari pozzetti.
Siamo tutti d’accordo:
aspettiamo che il Meltemi cali.
Nell’attesa ce ne andiamo
a passeggio sulla spiaggia fino alla torre di pietra del paesino di Sani, circa
cinque chilometri a sud del nostro campo: l’albergo a sette piani che ha
accerchiato non solo il capo ma anche la torre, soffoca pure la spiaggia antistante
con una doppia serie di immensi ombrelloni bianchi che arrivano proprio sulla
battigia, rendendo il transito quasi impossibile, a meno di una gimcana tra gli
illustri ospiti paganti della struttura a cinque stelle. La passeggiata frutta
a Mauro un rigurgito di “erodismo” e a me tre rastrelli: raccolti sulla
spiaggia libera, sia ben chiaro, non certo sottratti ai bimbetti urlanti del
resort, tanto che quello blu è persino decorato da alcune spettacolari piccole
incrostazioni (a riprova che era in mare da chissà quanti mesi!)
Torniamo al campo-base dopo
un paio d’ore, accaldati ed abbronzati, pronti per una nuova piccola avventura:
i tre amici canoisti vogliono tentare la sorte e mettersi in cerca di una
taverna sul lungo mare, ovviamente dalla parte opposta della spiaggia. Ci avviamo
sotto il sole cocente di mezzogiorno ma la missione si rivela presto infruttuosa:
c’è solo una distesa di casette basse ai margini dello stagno e su per le
collinette rosse.
In compenso, ci godiamo
uno spettacolo senza pari: prima uno stormo di fenicotteri rosa in volo radente
sul mare e poi una grande razza che perlustra la costa per cacciare. La sua
sagoma scura si staglia sulla cresta trasparente delle onde ancora grosse e
dopo aver catturato una preda se ne resta per qualche lungo minuto a pancia
all’aria, muovendo le estremità delle pinne fuori dall’acqua, come per salutare
noi cinque che dalla riva guardiamo a bocca aperta tutte quelle acrobazie. Dopo
un po’ si dilegua in mare aperto, lasciandoci gli occhi pieni delle sue movenze
leggere ed eleganti.
Siamo tutti un po’
impazienti di riprendere il mare.
Ci rintaniamo all’ombra di
un grande pino marittimo per sgranocchiare qualcosa al volo, in attesa che il
Meltemi cali quel poco per farci superare indenni lo scalino roccioso. Alle tre
del pomeriggio Lucia torna entusiasta dicendo che il mare è calato:
interrompiamo la pennichella post-prandiale e ci prepariamo.
Con la nostra proverbiale
lentezza, ci imbarchiamo venti minuti dopo i tre amici. E non li ritroviamo
più. Perché il mare è grande, pieno di onde e non finisce all’orizzonte, come
canta quel genio di Mannarino!
Appena oltre la torre di
Sani si apre una bella baia a mezza luna al cui centro si staglia il canale di
ingresso di un porticciolo turistico interno, dalla forma perfettamente
circolare, che non sappiamo se naturale o artificiale, ma che di certo è privato,
a giudicare dallo spropositato numero di yacht attraccati sui moli e dalla
piccola selva di alberi delle barche a vela che spuntano tra i tetti dei
villini residenziali tutti intorno.
Dopo il capo successivo si
aprono una serie di piccolo calette degne di una sosta, ma la costa è ancora
rovinata da costruzioni in serie: preferiamo proseguire, e restare al largo,
per il duplice vantaggio di sottrarci ai rumori molesti degli stabilimenti
balneari e di esporci alla rinfrescante brezza leggera del tardo pomeriggio
(che ora spira in direzione contraria, come a farci scontare la fortunata
giornata di ieri col vento in poppa!).
Dopo quattro ore di
silenzio, ci assale la disco-music di Skala Fourkas, ma ormai è giunto il
tramonto ed è il caso di sbarcare.
Troviamo rifugio tra un
serie di ombrelloni tutti uguali, grandi e bianchi e chiusi con delle cime in
tinta, che appartengono senza dubbio ai villeggianti delle casette a schiera al
di là della strada costiera.
Le zanzare sono più
aggressive qui che allo stagno…
Sdraiati all'ombra... |
Gli ultimi preparativi prima dell'imbarco... |
La pineta lussureggiante verso Capo Sani... |
Il campo tra gli ombrelloni di Skala Fourkas... |
Pronti a doppiare quel capo... |
Il bel faro del capo sabbioso di Kassandra... |
Altri preziosi ritrovamenti, lasciati sempre sulla prima spiaggia! |
Martedì 18 luglio 2018 –
6° giorno di viaggio
Skala Fourkas – Medi
Kallandra (10 km )
Vento W 5-6 nodi (F2) –
mare calmo – 32°C
Spostamento strategico…
Ci svegliamo tardi, dopo
dieci ore filate di sonno pesante e rigenerante.
Per avere un po’ di ombra
durante la prima colazione tiriamo fuori dal gavone il telo protettivo che per
un’oretta circa fa bella mostra di sé, tirantato com’è tra le prue e le poppe
dei nostri due Voyager.
La costa prosegue ancora
bassa e lineare fino ad una punta sabbiosa sormontata da un bel faro alto e
bianco e dalle rovine di un tempio dedicato a Poseidone (quanti tempi dedicati
a Poseidone ci saranno in tutta la
Grecia ?!?).
Sulla lunga lingua di
sabbia chiara che si arricciola su stessa verso l’estremità protesa nell’acqua
trasparente si allena sia un gruppo di ragazzini che, poco oltre, un drappello di militari:
i primi, in costume e cappellini colorati, corrono lungo un percorso ad ostacoli al termine del quale devono
lanciare delle palline dentro un retino da pesca; i secondi, invece, in tuta mimetica e berretti scuri, gareggiano
su due gommoni neri sospinti a remi intorno ad una boa posizionata poco al largo. Le
loro urla, di tutti, grandi e piccini, ci tormentano per i quattro chilometri
che ci separano dal capo successivo.
Finalmente, dopo un’altra
ora di navigazione tormentata e rumorosa, tornano a farsi sentire le cicale.
La costa è un po’ più alta
e frastagliata, ricoperta di fitte pinete di un bel verde brillante che ci
ricordano l’Isola di Eubea.
Dopo poche altre pagaiate
scorgiamo un angolino all’ombra su una spiaggia deserta: pazienza per lo
scalino roccioso che cinge anche questo tratto di litorale, il posto è talmente
invitante che ci risolviamo a sbarcare anche se sono soltanto le due del
pomeriggio. E pazienza anche se dietro l’angolo fa capolino un piccolo resort
con una taverna affacciata sul mare: è il posto giusto per rilassarci (niente
musica, per una volta!) e per aggiornare il blog! E per cenare con tutti i
piatti a base di melanzane previsti dal menù!
Nessun commento :
Posta un commento