SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro viaggio in Grecia... là dove nasce il Meltemi...
partiremo da Salonicco e costeggeremo la penisola della Calcidica, sperando di poter navigare anche intorno alla repubblica monastica del Monte Athos. Poi sarà la volta delle isole Thasos, Samothraki e Limnos.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di luglio e contiamo di finire entro agosto. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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sabato 21 luglio 2018

Kassandra alle spalle...

Mercoledì 18 luglio 2018 – 7° giorno di viaggio
Mendi Kallanda – Agios Nikolaos (33 km)
Vento variabile, NW 12-14 nodi (F4) al mattino e SW 4-5 nodi (F2) al pomeriggio – mare poco mosso – 32°C
Doppiamo il capo della prima penisola
La spiaggia su cui abbiamo trascorso la notte è talmente bella che facciamo fatica a lasciarla: la tenda sistemata all’ombra delle fronde basse ed ampie di un incredibile esemplare di pino marittimo, i kayak adagiati sulla sabbia fine e chiara, la maschera dimenticata dopo la nuotata del mattino sui ciottolini policromi della battigia. Nessuno intorno, solo un paio di ombrellini para-sole in lontananza e qualche raro bagnante che passeggia sulla riva, a debita distanza di sicurezza dal nostro campo.
Ce ne saranno altri, di posti così incantevoli, lungo la penisola?
Mauro ieri si era un po’ scoraggiato, dopo quell'interminabile sequenza di case-vacanze e bagni attrezzati disseminati senza soluzione di continuità lungo la costa. Quando abbiamo scovato questo angolino isolato non c’è sembrato vero. Anche per questo è difficile separarcene…
Partiamo col nostro solito ritmo lento, alle undici del mattino, quando il vento ha rinforzato da un paio d’ore e sembra invitarci a prendere il mare ogni volta che un’onda più decisa delle altre riveste di schiuma bianca la sua crestina arricciolata. Ci facciamo pregare ma poi ci godiamo la giornata di navigazione: per tutta la mattinata, fino alla sosta delle due del pomeriggio, infatti, pagaiamo col vento a favore, sfruttando al meglio le tante onde irregolari, discontinue e nervose che circondano i kayak.
La costa è ancora lineare e bassa, con una dorsale di colline verdi punteggiate di casette sparse dai tetti di tegole rosse. La strada asfaltata corre sul mare, talvolta così ravvicinata da avere bisogno di mura di contenimento appoggiate sull’acqua: si aggiungono a quelle di cemento costruite per proteggere le casette a schiera e gli stabilimenti balneari.
E niente ci fa supporre che il paesaggio possa cambiare.
Almeno fino a Loutra, un piccolo villaggio turistico in cui la diga foranea di massi scuri è stata realizzata per difendere non il porto bensì la spiaggia, sempre piena di ombrelloni di paglia disposti in strette file parallele.
Poco oltre, però, si apre un piccolo anfratto nascosto tra alcuni scogli lavorati dal mare, dalla curiosa forma di carciofi che spuntano dall’acqua cristallina e che ci fanno sperare in un qualche cambiamento.
Dietro il capo poco pronunciato troviamo una serie di idilliache spiagge incastonate tra scogli argentati, tutti scavati come denti di cane, con tante piccole grotte e passaggi inaccessibili che li separano dal fondale. Tiriamo i kayak in secca per una mezz’ora tra rigogliose piante di capperi e distese di finocchio marino. Ciottoli rossi, verdi e gialli spuntano tra la sabbia.
Il paesaggio comincia finalmente a farsi interessante.
Dopo qualche altro chilometro incontriamo persino uno scoglio (l’unico, purtroppo!) che da lontano ha un inconfondibile profilo di rana gigante, da vicino prende invece la forma di un bel camaleonte, e visto poi dall’altro lato si trasforma in un asinello.
La strada corre adesso nell’interno e tra le pinete lussureggianti si intravede soltanto uno sterrato. Le cale sono deserte e disabitate, solo una o due villette si nascondono sotto la folta macchia mediterranea, nessuno a terra o in mare. Ed è così per qualche ora, con sentiti ringraziamenti da parte di Mauro, che cominciava a disperare.
Ci concediamo un’altra breve sosta su una caletta di pietre scure dimenticata da tutti, inaccessibile da terra e raggiunta solo da qualche rara onda, che ha depositato nel tempo una formina verde dalle sembianze di un gamberetto, una bella radice tozza e forata e qualche riccio rosso.
Dopo aver riposto nel gavone i miei preziosi ritrovamenti, decidiamo di affrontare l’ultimo tratto di costa, quello del capo più meridionale della penisola, Akrotiri Paliori, sormontato da un lilliput-faro sul suo piccolo traliccio di acciaio dipinto di bianco. Alcuni gabbiani silenziosi osservano il nostro passaggio lento e circospetto, ora che il vento si è alzato in direzione contraria, tra gli scogli che occupano la punta e le evidenti correnti di marea che si incrociano poco al largo. Nel risalire la costa rocciosa e dirupata, ormai tutta in ombra, ci sorprende il gran numero di piccole insenature che si aprono sull’ultima propaggine della penisola di Kassandra: sembra che un capo soltanto non sia sufficiente a dirne l’importanza e qualcuno si sia divertito a mettercene tre o quattro in più, uno ogni 500 metri circa. Dopo un’altra corposa corrente di marea disegnata in superficie su un basso fondale roccioso, viriamo le prue dei nostri due Voyager nell’ampio golfo di Agios Nikolaos, al cui centro campeggia, su una penisola bassa, lunga e stretta, l’omonima cappella bianca con giardinetto d’ordinanza. 
Sbarchiamo lì vicino e ci godiamo il tramonto.

Il campo più bello!
La costa sembra farsi interessante,,,
L'unica roccia degna di nota...
Verso il capo meridionale della penisola di Kassandra...
La piccola corrente sul capo...
Il tramonto ad Agios Nikolaos

Giovedì 19 luglio 2018 – 8° giorno di viaggio
Agios Nikolaos – Ormos Paliouri (9 km)
Vento NW 18-22 nodi (F5) – mare poco mosso – 33°C
Veranda sul mare
Alle quattro del mattino Mauro mi chiama.
Una bottiglia di plastica ha bussato alla nostra tenda.
Il mare è cresciuto così tanto da arrivare a lambire i materassini.
Dobbiamo spostare il campo: alle quattro e venti abbiamo già portato i kayak sul prato vicino e la tenda sulla veranda della casetta bianca oltre il primo ed unico tornante della strada sterrata che corre verso il paese nella cala successiva. L’aurora inizia a schiarire i contorni della baia ma noi riusciamo a dormire altre quattro ore piene, al riparo dal vento e all’ombra della veranda dell’ultima casa della penisola di Kassandra.
Ieri abbiamo fatto molta fatica a controllare le previsioni meteorologiche. Non potevamo quindi sapere che il Meltemi si sarebbe svegliato a mezzanotte. Per prima cosa stamattina guardiamo tre siti diversi, per non correre nuovamente il rischio di fare un risveglio da pivelli.
Il mare è sempre agitato, ingrossato da onde frangenti che arrivano dal largo cariche di troppe buste di plastica. Perlustriamo la spiaggia in lungo ed in largo, sia per sincerarci di non aver dimenticato niente durante l’improvviso trasloco notturno e sia per controllare che il mare non abbia depositato a terra qualche nuova preziosa inutilità: Mauro trova una borsa di plastica trasparente con la chiusura lampo ancora perfettamente funzionante, io due legnetti interessanti, una piccola paletta gialla e tre esemplari di pinna nobilis (solo l’ultimo caricato in kayak perché il primo era spezzato a metà ed il secondo sembrava ancora vivo, dato che le due valve si sono richiuse all’istante non appena le ho prese in mano: non è stato facile trovare un luogo adatto sul fondale roccioso quando l’abbiamo rimesso in acqua).
Partiamo tardi anche oggi, quando è scoccato mezzogiorno, e costeggiamo per tentare di rimanere per qualche secondo al riparo dal forte vento contrario. La nostra velocità di crociera diminuisce ad ogni pagaiata e dopo tre ore siamo appena dalla parte opposta della stessa baia. Rinunciamo.
Tanto più che il resto della costa corre bassa e lineare verso nord-ovest, l’identica direzione da cui soffia il Meltemi, che oggi sembra avere intenzione di spazzare via ogni cosa che incontra sul suo cammino.
Non vogliamo ripetere l’errore dei pivelli, abbiamo bisogno di una cala ridossata. L’unica possibilità è questa: l’affollatissima spiaggia di una baia incuneata tra due pronunciati capi rocciosi, stracolma di ombrelloni, giochi d’acqua e musica sparata a tutto volume dagli altoparlanti dei cinque bagni attrezzati, come in una gara spacca-timpani che sappiamo già andrà avanti fino al tramonto. Pazienza. Non vale la pena spaccarsi la schiena controvento. Il mio accenno di epicondilite al gomito sinistro e di epitrocleite al gomito destro ringrazia sentitamente.
Domani dovrò trovare un nuovo equilibrio nella pagaiata…

La nostra veranda sul mare!
Un altro breve tratto di costa interessante...
Di primo mattino siamo (quasi) soli...
Quante cose dimenticheranno sulla spiaggia tutti quei bagnanti?
Prima o poi ci andrò anch'io!
Il mare incantevole della penisola di Kassandra!

Venerdì 20 luglio 2018 – 9° giorno di viaggio
Ormos Paliouri – Nea Fokea (34 km)
Vento NW 5-6 nodi (F2) – mare calmo – 34°C
Lenta risalita della penisola
La spiaggia si riempie sin dal primo mattino. Secondo una strategia militare che Mauro spiega così: serrare a destra per ottimizzare gli spazi. Gli ultimi arrivati, infatti, seguendo tutti (tutti!) lo stesso schema, stendono teli da mare e piantano ombrellini parasole a pochi centimetri dai teli e dagli ombrellini di quelli che li hanno di poco preceduti. Sono quasi tutti turisti slavi, russi e tedeschi, tanto che i menù delle taverne sono tradotti in inglese ed in russo. Anche l’omino che passa avanti e indietro sul bagnasciuga non vende cocco fresco ma krapfen e pannocchie abbrustolite. Quando le due file di bagnanti stanno per accerchiare i nostri due kayak, noi siamo già pronti per fuggire in acqua!
La cala successiva non è così affollata, ma è più esposta al vento.
E’ una lunga lingua di sabbia fine incoronata da una folta pineta sotto cui spuntano roulottes da ogni triangoli d’ombra. Sembra uno dei nostri adorati “campeggi liberi organizzati”, dove chi arriva si sistema nella prima piazzola libera, se la gestisce per l’intera stagione e alla fine la lascia in condizioni di solito migliori, con qualche elemento di arredo sparso qua e là, come girandole ricavate dalle bottiglie di plastica, ghirlande colorate realizzate coi tappi delle bottiglie, decorazioni di legnetti e conchiglie e galleggianti che pendono dai rami o dai recinti improvvisati.
Questo litorale è molto bello, stranamente poco frequentato.
Stiamo quasi per ricrederci sulla insulsa monotonia della penisola, tanto è attraente questo purtroppo breve tratto di costa idilliaca. Termina dopo un paio di chilometri soltanto, quando si apre il piccolo canale di accesso ad un laghetto retrostante, utilizzato come porticciolo naturale per i pescherecci locali e per qualche motoscafo di ridotte dimensioni. La bocca di porto è insabbiata, anche se si intravedono sul fondale dei grandi massi di cemento utilizzati forse per cercare di mantenere l’ingresso pulito ed agibile. Senza risultato, perché il mare ha divelto i blocchi e ha fatto quel che gli viene meglio: il suo corso.
Gli scogli che ricamano la costa poco più a nord sembrano tante pomici giganti, così grigiastri e levigati e porosi. Sono l’unica nota di colore del resto della costa. Per oggi non vedremo nient’altro di interessante.
Salvo un parco divertimenti realizzato nell’acqua bassa con una serie di giochi gonfiabili su cui si accalcano adulti e bambini: mi viene voglia di scendere, pagare il biglietto ed entrare per un paio d’ore, ma Mauro è perentorio. Dobbiamo andare via da questo brutto posto.
E’ demoralizzato e si capisce da come pagaia in maniera quasi meccanica, col solo scopo di andare avanti il più velocemente possibile e di lasciarsi quanto prima alle spalle questo litorale antropizzato e maltrattato.
Passiamo in sequenza una serie di paesini costieri a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro, alcuni talmente affollati e rumorosi che non si riesce neanche a sbarcare, seppure volessimo tentare la sorte. Sembrano però tutti dei paesi-dormitorio, pieni di case-vacanze aperte solo per la stagione estiva. Hanno dei nomi molto belli, Pefkochori, Hanioti, Polychoro, Kallithea e Afytos, ma i nomi sono davvero l’unica cosa bella della costa. Ad un tratto scorgiamo in una cala un poco rientrata una grande struttura in cemento che sulle prime ci sembra una vecchia centrale nucleare dismessa, e che dopo qualche altra pagaiata capiamo essere un doppio albergo a 15 piani a pochi metri dal mare.
Ci sono tre cose che non riusciamo a spiegarci:
1. chi è che autorizza la costruzione di questi manicomi estivi;
2. come sia possibile accalcarsi tutti sulle stessa spiaggia e ridursi ad urlare per scambiare qualche parola col vicino, quando la spiaggia accanto, con la stessa sabbia, lo stesso mare e pure lo stesso sole, è completamente vuota;
3. perché la musica sparata a tutto volume dai disco-bar della costa arriva a schiaffeggiarci anche quanto noi navighiamo a notevole distanza e siamo anche sopravento!
Ce ne andiamo avanti mesti, con queste ed altre domande che ci rimbalzano nella testa vuota, sperando che la penisola di Kassandra finisca presto.
Ma il mare! Il mare del golfo di Kassandra è tutta un’altra storia!
Un mare così è indimenticabile!
Oggi è una tavola di marmo levigato per tutto il mattino, appena increspato da una leggere brezza variabile nel pomeriggio. Un’immensa distesa immota piena di colori e di pesci.
L’acqua è pulita e limpida, il fondale è basso e sabbioso, i colori dominanti sono quelli delle cartoline turistiche: trasparente verso riva, verde acqua poco più in là, turchese quando aumenta la profondità e poi tutte le gradazioni possibili dall’azzurro intenso al blu cobalto quando lo sguardo spazio verso il largo. Un mare che invita a bagnarsi, a restare ore a guardarlo, a perdersi nella sua maestosa grandezza. E’ il mare che cura tutte le ferite, anche quelle ripetute ed imperdonabili che l’uomo ha inferto alla costa.
Ed è un mare pieno di pesci!
Al mattino nuoto per una mezz’ora con un piccolo branco di sette pesciolini d’argento che non si allontano mai dalle mie braccia e che a volte si avvicinano tanto da toccarmi la punta delle dita: hanno tutti una piccola macchia nera sulla punta della pinna dorsale e caudale e si muovono curiosi ed impavidi, come se volessero capire meglio chi c’è dietro la maschera. Al pomeriggio, poi, una sardina in fuga da chissà quale predatore mi atterra sul collo: spaventata io dalla botta improvvisa e tramortita lei dalla collisione aerea, ci mettiamo qualche secondo per capire cosa è davvero successo, mentre lei si dibatte incredula sul mio paraspruzzi come a chiedere lumi sull’accaduto, finché non mi riprendo e la ributto in acqua. Al tramonto, infine, ci godiamo lo spettacolo ripetuto più e più volte di branchi di pesci grandi e grossi impegnati in battute di caccia collettive, con quel loro pinneggiare che fa ribollire l’acqua in superficie, che sott’acqua fa scappare altri pesci e che sull’acqua richiama gabbiani, gabbianelle e berte, tutti accorsi in gran numero e tutti stranamente uniti per partecipare al banchetto.
Deve essere un mare molto pescoso, questo del golfo interno della penisola di Kassandra, a giudicare dalla frequenza degli attacchi di quelli che riconosciamo come piccoli tonni e dei continui cambi di rotta dei gabbiani, sempre pronti a seguire i branchi di acciughe che fanno il pallone.
Ma niente, Mauro è inconsolabile.
Urge una taverna per la cena!

Il mare per fortuna ci conforta!
Risveglio sotto la torre di Nea Fokea...
Il cassonetto affondato...
Le collinette rosse verso Nea Potidea...
L'ingresso da est del canale di Nea Potidea...
Siamo arrivati qui!

Sabato 21 luglio 2018 – 10° giorno di viaggio
Nea Fokea – Psakoudia (28 km)
Vento WNW 12-15 nodi (F4) – mare poco mosso – 32°C
Fuga dal delirio
La torre del paese controlla il nostro lento risveglio.
Le cose stamattina non vogliono collaborare: non entrano nelle sacche, che non scivolano nei gavoni, che non si chiudono come dovrebbero.
Siamo un po’ stanchi di navigare lungo un litorale così poco interessante.
Abbiamo ormai perso le speranze che la penisola di Kassandra possa riservarci qualche piacevole sorpresa: Mauro continua a chiedersi cosa diavolo siamo venuti a fare quaggiù.
Anche l’acqua oggi è meno attraente, perché i bassi fondali sono macchiati qua e là di scogli rivestiti di alghe e di vaste praterie di posidonia, perdendo così quei colori caraibici di ieri per colorarsi a chiazze di un marrone grigiastro oppure di un giallo cinerino poco invitanti. L’unica nota di colore è un cassonetto dell’immondizia ricoperto di murales affondato chissà come nel mare basso verso riva: ne avevamo notati altri lungo il percorso, accartocciati sulle scogliere oppure adagiati pigramente sulle spiagge più remote. Questo immerso merita una foto ricordo.
Mauro rimpiange le Cicladi, anche per le taverne, io mi sforzo di trovare qualche nota positiva lungo il tragitto: la spiaggia stretta, chiusa tra le fitte pinete ed il mare verde smeraldo, è ricoperta di grossi tronchi portati dalla corrente e alcuni risaltano per biancore ed intreccio dei rami. Scovo tra le canne anche tre palloni gonfiabili a spicchi bianchi e arancioni, ma Mauro è inflessibile: andiamo via da qui!
Fino al canale di Nea Potidea, dove ci siamo già affacciati la settimana scorsa prima di iniziare la circumnavigazione della penisola, ci sono solo le collinette di arenaria rossa che già avevamo visto sull’altro versante. Qui sono molto più maltrattate: per garantirsi un accesso diretto al mare, i proprietari delle villette costruire sulla sommità non hanno esitato a realizzare ripidi scaloni di cemento poggiati sulla terra friabile e franosa della collinetta stessa. Il mare ancora una volta ha fatto il suo corso, aiutato dal vento e dalla pioggia: tutte (tutte!) le scalinate sono precipitate in acqua, lasciando alcuni monconi a penzolare tra le radici aeree della macchia mediterranea, aspettando il momento giusto per cadere giù, trascinandosi dietro anche qualche pezzo di recinzione.
L’unico tratto ben conservato è quello destinato all’impianto di depurazione.
Dopo la brevissima sosta nei pressi del canale ci rimettiamo mesti in kayak, timorosi di affrontare i prossimi stabilimenti balneari che urlano nel vento le loro musiche assordanti. Il golfo di Kassandra si chiude su una lunga serie di spiagge sabbiose e ad eccezione di uno sparuto gruppo di eucaliptus sembra proprio che non riservi nient’altro di interessante.
Invece di costeggiare e mangiare polvere, decidiamo di traversare e respirare salsedine. Puntiamo l’altro versante del golfo, seguendo i piccoli frangenti ravvicinati generati dal vento che rinforza proprio a mezzogiorno: il Meltemi oggi soffia da ovest e noi viriamo le prue ad est, così da attraversare tutto il golfo senza sforzo apparente.
Ci voleva proprio una rigenerante pagaiata in mare aperto!
Dopo 3 ore e 18 chilometri sbarchiamo a Sitonia, il secondo dito della penisola calcidica: in meno di mezz’ora siamo già pronti per mettere di nuovo i piedi sotto al tavolo di una taverna, nostra ultima consolazione!

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