Koufos – Kalamitsi (20 km )
Vento SW 5-6 nodi (F2) –
mare appena increspato – 30°C
Giornata di lutto
L’Attica brucia.
Le notizie ci raggiungono
già la sera degli incendi.
Sono stati appiccati
decine di focolai. In casi del genere è difficile pensare che si tratti di autocombustione:
niente sembra essere stato lasciato al caso. Col vento forte di questi ultimi
giorni gli incendi si sono propagati in maniera “impeccabile”, provocando più
di 80 morti, oltre 40 dispersi, centinai di feriti, la distruzione di alcuni paesi
ed un’altra indescrivibile serie di danni, perdite ed orrori. Le mani che hanno
appiccato le prime fiamme sapranno ora di avere procurato una così grande devastazione,
quasi incredibile nel 2018. La storia degli incendi estivi in Grecia è lunga e
rinomata, quasi come quella dell’Italia meridionale degli anni passati:
ricordiamo ancora bene i grandi pinnacoli di fumo che si alzavano sul
Peloponneso, ripresi persino dalle foto satellitari rilanciate sulla rivista
settimanale Internazionale, mentre noi eravamo in kayak a Cefalonia nel 2007.
Ci era sembrato uno spettacolo osceno ed inaccettabile. E gli incendi si sono
susseguiti tutti gli anni, sulle isole e sulla terra ferma, senza mai saltare
l’appuntamento estivo. Ma niente è paragonabile alla tragedia di quest’anno: il
fuoco ha generato così tanto fumo che le persone, se non sono morte bruciate,
sono state intossicate e molti, dicono i giornali, hanno perso la vista e
l’orientamento, tanto da non riuscire neanche a mettersi in salvo raggiungendo
il mare, spesso vicino. Ci sono state scene raccapriccianti che ci hanno scosso
nel profondo: genitori che cercano i figli scomparsi, figli rimasti senza genitori,
turisti morti soffocati, 26 corpi trovati abbracciati nel giardino pietrificato
di una villa nell’ultimo vano tentativo di proteggersi a vicenda, una ragazzina
che si getta dalla scogliera coi vestiti in fiamme mentre alle sue spalle i
genitori urlano diventando torce umane. Indicibile.
Per noi poco vale
l’annuncio della Farnesina che non ci sono italiani coinvolti negli incendi. Le
vittime sono un numero impressionante.
Quello che ci ha
rincuorato un pochino è stato leggere che la catena della solidarietà si è
attivata subito: i paesi vicini hanno inviato aerei canadair e lo slancio delle
persone comuni non si è fatto attendere. Mentre a Salonicco un branco di
nazisti aggredisce degli immigrati mandandone quattro all’ospedale, ad Atene invece
donano il sangue per i sopravvissuti degli incendi tanti Palestinesi, Curdi e
Siriani, e pescatori egiziani salvano decine di persone che si sono gettate in
mare per salvarsi dalle fiamme, e i tassisti offrono corse gratuite per aiutare
chi fugge dalle zone bruciate. Le farmacie regalano bende, pomate e medicinali,
i negozi acqua ed alimenti; le persone aprono le proprie case agli sfollati e
gli alberghi mettono a disposizione le camere sfitte per chi ha perso ogni
cosa...
I nostri amici greci sono
tutti lontani dalla capitale, sparsi nelle varie isole per la stagione estiva
in kayak: un paio di loro, però, di stanza ad Atene, hanno risposto all’appello
lanciato dai social network rassicurando di star bene. Noi stiamo bene, solo
molto rattristati e scossi da queste tragiche notizie. Il governo greco ha
dichiarato non una soltanto bensì tre giornate di lutto nazionale: ci sarà
ancora tanto da fare per rimarginare una ferita così profonda…
Mentre l’Attica brucia,
qui nella Calcidica invece diluvia.
Anche oggi il cielo è
coperto da possenti cumulonembi che sembrano volerci inseguire. Col cuore
gonfio di malinconia, usciamo dal protetto golfo di Koufos, ci avviamo verso il
capo e scoviamo la prima spiaggia “dieci e lode” di Sithonia: appena oltre
Akrotiri Lemos scendiamo per una sosta e per qualche foto ricordo.
Poi ci spostiamo verso
Akrotiri Psevdokavos dove notiamo, alle spalle che piccolo promontorio a forma
di guerriero che sostiene il lilliputh-faro, una piccola baia deserta che ci
sembra ideale per lavarci di dosso la salsedine di due settimane di viaggio e
la tristezza di questa giornata di lutto.
Saltiamo invece il
successivo Golfo di Ambelos perché il suo piccolo fiordo profondo un paio di
chilometri, costellato di belle rocce bianche e verdi, è completamente occupato
da una serie di allevamenti ittici ben segnalati da brillanti boe arancioni,
quelle sul lato settentrionale ancora in fase di installazione.
Appena giunti nella baia
di Kalamitsi contiamo 4 campeggi e 3 stabilimenti balneari nei 2 chilometri di
spiaggia sabbiosa ed impieghiamo così appena 1 secondo per decidere di andare
oltre. Solo che Mauro nota qualcosa di molto strano accadere alle mie spalle:
una pesca saltella sul mio ponte posteriore. Sento urlarmi nelle orecchie:
“Tatiana, hai completamente allagato il terzo gavone!”.
Nello sconforto più assoluto,
ricostruisco l’accaduto: nella cala dello shampoo, per fare un’ultima foto
ricordo dal kayak, cerco nel gavone la pezzuolina per pulire l’obiettivo.
Scatto la foto, ma dimentico il tappo aperto. Dopo oltre un’ora di navigazione
l’acqua è penetrata anche nel gavone di poppa, attraverso quel foro di
compensazione che pratichiamo in tutti i nostri kayak per evitare che i tappi
si eccitino o deprimano ad ogni cambio di temperatura. Meno male che
l’invenzione di Mauro di sistemare sul fondo del gavone degli asciugatori
universali ha trattenuto la maggior parte dell’acqua e… Vabbè, c’è da lavorare
tutta la serata: sbarchiamo poco dopo le cinque su una spiaggetta di sabbia
chiara su cui sventola una bandiera pirata. Prima tiriamo fuori ogni cosa dai
due gavoni, poi asciughiamo ogni pezzo dell’attrezzatura, controllando anche
quelli ancora asciutti, dopo lasciamo tutto all’aria per qualche ora e alla
fine, mentre Mauro monta il campo e prepara la cena, io finisco di riporre
tutto nelle rispettive sacche stagne. Senza che le zanzare si facciano vive a
massacrarci gambe e braccia: sembrano anche loro a lutto nazionale, è la prima
volta che non compaiono al tramonto.
Il lavoro è lento e
meticoloso e riesco a sistemare tutto quando ormai è buio. Poco male: tenere occupate
le mani aiuta a liberare la testa dai neri pensieri della giornata…
La cala "dieci e lode" ad Akrotiris Lemos, sulla punta meridionale della penisola di Sithonia... |
La costa lungo l'estremità meridionale della penisola... |
Il profilo del guerriero sul capo Akrotiri Psevdokavos... |
Appena oltre cala Ambelos... |
Asciugatura! |
La stessa cala al mattino, dopo il temporale... |
Giovedì 26 luglio 2018 -
15° giorno di viaggio
Kalamitsi – Akrotiri Rigas
(18 km )
Vento NW 5-8 nodi (F2-3) –
mare calmo – 32°C
Temporale mattutino
Forse suggestionata dalle
devastanti notizie sugli incendi dell’Attica, la mia notte si riempie di incubi
agghiaccianti. Alle tre del mattino, stravolta, mi ritrovo a rigirarmi nel
sacco a pelo, poi nella tenda: alle quattro esco, andando su e giù lungo la
piccola spiaggia. Alle cinque del mattino, quando si cominciano a notare i
primi bagliori dell’aurora, il cielo nero della notte ancora incombente si
illumina di altri bagliori lontani: dietro i monti di Sithonia le nuvole
paffute si rischiarano ad ogni lampo ed i tuoni si fanno via via più vicini.
Aspetto ancora una mezz’oretta, tanto lo spettacolo è accattivante, e poi mi
decido a montare il telo esterno della tenda, facendo attenzione a non
accendere la luce frontale e a non fare alcun rumore per non svegliare Mauro.
Che infatti continua a russare fino alle otto e mezza. Quando finalmente il
temporale si decide a raggiungere il nostro campo e a scaricarsi in pochi
minuti sulla nostra tendina.
Facciamo colazione chiusi
dentro.
Poi tutto cambia, come
sempre dopo i temporali estivi.
Il cielo si schiarisce, il
sole fa capolino tra le nuvole, la temperatura sale velocemente. E altrettanto
velocemente arriva nella “nostra” caletta un motoscafo battente bandiera ceca
carico non solo di cinque bimbetti iper-eccitati ma anche di una quantità incalcolabile
di giochi estivi, compresi gommoncino gonfiabile, bananetta e sci d’acqua.
Fuggiamo.
La carenza di sonno mi fa
sentire le braccia pesanti come due tronchi.
I cinque-sei nodi di
brezza contraria mi sembra siano più del doppio.
Ogni pagaiata mi costa una
fatica tripla rispetto al normale e…
Mauro si impietosisce e mi
propone una sosta alla kantina della bella spiaggia di Kriaritsi: due toast
prosciutto e formaggio e un caffè frappè mi risollevano un po’. Ma ci attendono
altre due ore contro vento, che mi pesano tantissimo.
Sbarchiamo prima del
solito, appena dopo le cinque del pomeriggio, su una spiaggia occupata solo da
una grande tenda che sembra più un bazar orientale, per quanti teli da mare
colorati sono stesi sulle cime tutte intorno. Una solitaria ragazza greca ci
accoglie con un grande sorriso e poi si ritira nei suoi spazi.
Ceniamo presto e ci infiliamo
in tenda che è ancora chiaro: io crollo tra le braccia di Orfeo che sono appena
suonate le otto di sera!
Uno scettro pietrificato! |
Un raro passaggio tra gli scogli: in entrata... |
... ed in uscita dal passaggio! |
Nuvoloni sul Monte Atos... |
Si prepara un altro temporale... |
Sosta nella caletta isolata ed inaccessibile... |
Venerdì 27 luglio 2018 –
16° giorno di viaggio
Akrotiri Rigas – Paralia
Karidy (21 km )
Vento S 2-3 nodi (F1) –
mare calmo – 35°C
Lotta per la sopravvivenza
(all’afa)
Mauro si sveglia per primo
e sistema il telo parasole in modo da tenere la tenda in ombra il più a lungo
possibile. Mi sveglio quando lui ha già finito di farsi la barba: facciamo
colazione insieme e con calma ci prepariamo ad affrontare un’altra giornata di
temporali annunciati e schivati.
Alle undici e mezza
irrompe nella baia un barcone carico di turisti: sono appena una ventina ma
sembrano un centinaio, per le urla che invadono la cala al loro arrivo. Noi
siamo già coi kayak in acqua. Fuggiamo ancora.
Le spiagge lungo la costa
del versante orientale della penisola di Sithonia sono molto belle, silenziose
anche quando affollate di bagnanti, alcune perfino deserte. Le pinete ricoprono
le colline circostanti e le casette per le vacanze spuntano tra il verde sempre
più numerose.
Dopo otto chilometri di
pagaiata mattutina ci concediamo una sosta rinfrescante poco prima della
spiaggia di Armenitis, invasa dai camper di un campeggio che occupa tutta la
sua estensione. Avendola avvistata da lontano, scegliamo una caletta isolata
inaccessibile da terra dove è stata montata, e al momento lasciata incustodita,
una grande tenda condominiale a tre piazze. Restiamo soli ad ascoltare il
tintinnare delle lattine vuote di birra che sono state appese tutte intorno al
condominio abbandonato: la temperatura cresce e l’assenza di vento la rende
quasi insopportabile.
Un altro paio d’ore
nell’afa più pesante e spessa di tutto il viaggio e ci risolviamo a fermarci
per un’altra sosta in una baietta anonima, dove però trovo una rigogliosa
pianta di finocchio marino che raccolgo e condisco con olio d’oliva: il pranzo
è servito, anche se fuori orario.
Sbarchiamo presto anche
stasera, ancora prima delle cinque del pomeriggio, sfidando una agguerrita
sfilza di bagnati che sguazza nell’acqua bassa della baia e che mi ricorda il
disgusto di Mafalda per la minestrina. Stavolta è Mauro ad avere dormito poco e
ad avere bisogno di recuperare le forze: ceniamo in taverna con una porzione
gigante di carbonara, piatto che qui in Grecia viene servito in una gustosa
variante creativa fatta con prosciutto crudo, panna e funghi. La preferita
dell’Uomo di Ferro!
Potremmo anche attendere
la tanto attesa eclissi lunare ma qui sulla Calcidica si sono addensate così
tante nuvole spesse e scure che lo spettacolo ci sarebbe comunque precluso…
Faraglione Dart Fener! |
Sbarco impossibile! |
Cala del risveglio all'inglese: la stessa dello sbarco impossibile! |
Uno splendido due-alberi nel golfo interno dell'isola di Diaporos... |
La cala delle capre... |
La caletta in cui Panos ha tediato Jorgos & Sofia (e noi!) fino al tramonto! |
Sabato 28 luglio 2018 –
17° giorno di viaggio
Paralia Karidy –
Pyrgadikia (22 km )
Vento ESE 4-5 nodi (F2) –
mare calmo - 30°C
Accerchiati dai temporali
Veniamo svegliati da una
comitiva di inglesi che scende in spiaggia come fosse la padrona del posto e
che parla forte anche dopo avere notato che noi stiamo ancora dormendo. Alle
sette del mattino abbiamo già smontato il campo: un record che ci saremmo
volentieri risparmiati!
Siccome le nove ci
sembrano un orario incongruo per partire, ci concediamo una capatina nella
kantina sistemata sotto l’ombra della pineta che incorona la spiaggia di
Karidy: per cominciare bene la giornata, e dimenticare l’irrispettosa
tracotanza degli inglesi, ci regaliamo un doppio caffè frappè glikò me gala, il
tipico caffè solubile shekerato servito con ghiaccio, latte e zucchero. Una
bomba calorica che ci aiuta sempre.
Quando torniamo ai kayak
una coppia di Treviso si avvicina per chiederci dove siamo diretti e segue con
attenzione gli ultimi preparativi prima dell’imbarco.
Schiviamo un’altra fitta
armata di bagnanti mattinieri e ci spostiamo subito sulla vicina Diaporos, una
bella isola bassa e frastagliata presa d’assalto dalle barche a noleggio,
quelle con la tendina a strisce bianche e rosse e con il motore sempre troppo
rumoroso. Cerchiamo di evitare la folla del sabato estivo costeggiando il
versante interno dell’isola, ricco di pinete che arrivano fino al mare: sotto
ogni pino spunta una tenda ed in ogni caletta sono ancorati diversi motoscafi.
C’è folla ovunque.
Tiriamo dritti fino al
capo settentrionale dell’isola per poi traversare sulla vicina isoletta di
Kalogria, dove scoviamo una spiaggia deserta di ciottoli e conchiglie: non c’è
nessuno perché tra gli ulivi pascolano silenziose ed incuranti delle capre
semi-selvatiche. Trovo sul bagnasciuga un paio di ossa dilavate dall’acqua che
assomigliano a due cavallucci marini e che andranno di certo ad arricchire la
mia collezione di pescetti.
Quando è appena scoccato
mezzogiorno raggiungiamo il vicino capo di Pyrgos, avvolto da due belle spiagge
di sabbia chiara e fine. Sempre occupate dal solito campeggio. Allora sfruttiamo
la leggera brezza che soffia a nostro favore e tagliamo al largo di un paio di
chilometri, puntando le prue verso nord per raggiungere le cittadina che
scorgiamo su quel capo lontano, al fondo della penisola di Sithonia. Sulla terraferma si profila un nuovo temporale, coi nuvoloni alti che lanciano tuoni e che si spostano veloci da est ad ovest: non ci sfiora nemmeno, la pioggia, ma quando gira il vento ci investe un intenso odore di terra bagnata e di resina.
Dodici chilometri e due
ore dopo entriamo nel porticciolo, scoviamo un angolino di spiaggia ciottolosa
alla radice della diga foranea, tiriamo i kayak in secca su un prato selvatico,
troviamo un angolino adatto per la tenda tra fiorellini gialli e viola ed
un’infinita di grilli e di insetti stecco di gni dimensione e ci precipitiamo in taverna: la
voglia di souvlaki è cresciuta durante la traversata e non riusciamo più a
contenerla.
La taverna è molto
accogliente e pittoresca, arredata con cura in stile campagnolo, con cesti di
vimini come paralumi, con piccole zucche ornamentali che pendono nella veranda,
con trecce d’aglio ad incorniciare le finestre. Persino nel bagno ci sono vasi
di vetro ricolmi di semi secchi e rami intrecciati e sacchetti di erbe
aromatiche. I menù sono decorati con pizzi color ecru e panna e accanto ai
tavolini di legno c’è una teca di vetro per lo scambio degli oggetti: se te ne
piace qualcuno, prendilo lasciandone uno tuo! E’ il luogo ideale per
trascorrere la serata ed aggiornare il blog…
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