Kavala – Limnos (130 km in traghetto!)
Vento NE 20 nodi (F5) –
mare mosso – 30°C
Traghetto per Limnos
La giornata di riposo
inizia con una sfacchinata.
Tirare su i kayak dalla
spiaggia al terrapieno che la domina ci fa consumare le poche energie della
mattina. La notte è stata movimentata: siamo stati svegliati alle quattro del
mattino dalle onde provocate dall’ingresso in porto del traghetto da e per
Limnos, il “nostro” traghetto delle cinque del pomeriggio. Quando pensavamo di
riprendere sonno ci siamo resi conto che il traghetto attraccato alla banchina
più prossima alla “nostra” spiaggia sarebbe presto diventato una presenza
incombente: le luci rimaste accese fino all’alba hanno illuminato a giorno la nostra
tendina ed i motori dei generatori mai spenti hanno continuato a rimbombare a
lungo nelle orecchie e nelle ossa…
C’è però sempre un lato
positivo in ogni cosa: il traghetto è proprio a due passi dal terrapieno. Dopo
la fatica di tirare i kayak in secca, ci è bastato trainarli col carrellino
fino alla banchina per arrivare a destinazione. I gentili marinai a bordo ci
hanno fatto sistemare i due Voyager proprio sotto la cima di ormeggio del
traghetto, tra la bitta dipinta di giallo e lo scivolo di imbarco: tranquilli e
soddisfatti per questa posizione strategica e sicura, li lasciamo lì fino al
nostro ritorno.
Ci concediamo una visita
alla città di Kavala. Che pure si rivela un’altra bella sfacchinata, sotto il
sole di mezzogiorno e su per i vicoletti che salgono dal mare fino alla rocca
del castello.
Procediamo a tappe,
forzate secondo Mauro.
La prima sosta è
all’Imaret, una scuola islamica costruita dal sultano Mohamed Alì nel 1817 come
omaggio alla sua città natale: attorno a tre giardini di agrumi ed alberi
centenari si aprono altrettanti chiostri che un tempo ospitavano il dormitorio
dell’orfanotrofio, le cucine per i poveri della città ed una cisterna
all’aperto che riforniva il bagno turco, oltre ai luoghi di culto e di preghiera
che sono stati conservati in maniera impeccabile, restaurati al principio del
Novecento da una delle nobili famiglie del tabacco di Kavala e trasformati in
tempi recenti in un esclusivo albergo a cinque stelle (l’unico in Europa
ricavato in una scuola coranica, come ci dice il ragazzo che ci riceve
all’ingresso). La visita guidata ci ha scoprire gli angoli più nascosti ed
affascinanti di questo luogo particolare, ricco di storia e di bellezza, carico
di cupole ricoperte di piombo e di arcate in pietra e di scalinate in cotto, in
un perfetto connubio tra architettura ottomana e riadattamento moderno. E’
piaciuto persino a Mauro!
La seconda sosta invece è
al castello, dopo una scalata al paese che ci lascia senza fiato ma che ci fa
godere di una vista mozzafiato sull’intero golfo di Kavala, fin laggiù
all’Isola di Thassos che abbiamo lasciato pochi giorni fa. La “scalata” ci fa
meritare una birra ed un succo di frutta nel piccolo bar all’aperto sistemato proprio
nel cuore della rocca, ora occupata da un’ampia arena per gli spettacoli all’aperto.
Anche qui ci sono cento cose da vedere e da scoprire, senza la visita guidata
ma con un itinerario molto articolato ed interessante, che passa dalla torre
circolare su cui svetta la bandiera greca ai vecchi magazzini trasformati in
carceri alle antiche residenze delle guardie. “Guarda, si può anche seguire il
percorso lungo tutte le mura merlate del castello!”, dico io in un momento di
entusiasmo rivolta a Mauro. “Io non smerlo proprio niente, ti aspetto al bar”.
Fine della discussione. E della visita.
La terza ed ultima sosta è
infine sotto le alte arcate di pietra del maestoso acquedotto che riforniva la
città vecchia arroccata sul promontorio roccioso: una costruzione imponente
adesso soffocata dagli alti condomini in cemento dei quartieri nuovi ma un
tempo imponente opera ingegneristica che sfruttava un dislivello calcolato di soli
sei metri e, come precisano tutte le guide turistiche, non ricorreva ad alcun
sistema di vasi comunicanti. Quello che più ci colpisce, però, è un segnale stradale giallo e rosso che
indica la direzione e la distanza per una città lontana in una terra qui
considerata oltre confine: Costantinopoli, 460 km ! Costantinopoli, mica
Istanbul!
Scendiamo verso il porto e
compriamo per 3 euro la bellezza di quattro pesche, quattro banane e due
grappoli d’uva. Memorizzo il negozio, per tornarci al nostro rientro da Limnos.
E’ ancora presto per
salire sul traghetto e ne approfitto per andare a cercare informazioni sui
collegamenti via terra tra Kavala e Salonicco: abbiamo infatti appena scoperto
che hanno abolito anche la tratta del traghetto tra Limnos e Salonicco, attiva
fino all’anno passato ma cancellata quest’estate per chissà quale motivo. Saremo
quindi costretti a tornare a Kavala, senza poter chiudere il cerchio ideale del
nostro giro in kayak del Nord Egeo. Dopo aver rinunciato alla visita dell’Isola
di Samotracia, questa ulteriore variazione del programma di viaggio non ci
sembra poi così sconveniente. Flessibilità: questo insegna il kayak, tra le
tante altre cose!
Al momento di caricare i
kayak sul traghetto scopriamo anche di dover pagare una somma aggiuntiva di 20
euro: è la prima volta che ci capita di pagare per imbarcare i kayak su un
traghetto greco, ma la cortesia del personale di bordo è tale che non ci pesa affatto
tornare alla biglietteria per integrare la tariffa.
Mi dimentico però di
prendere le pillole per il mal di mare e per le quattro ore di traversata
soffro di una nausea continua e invalidante, che Mauro mi convince a tenere a
bada sorseggiando un bicchiere ricolmo di raki…
All’arrivo nel porticciolo
di Miryna, sulla costa occidentale dell’Isola di Limnos, quando ormai sono le
nove passate e la notte è calata su tutta la cittadina, riesco soltanto a
trascinare il kayak giù dal traghetto e appena fuori dal porto. Poi crollo.
Mauro scova un angolino riparato dal vento dove montare la tenda e nonostante
le forte raffiche di Meltemi che imperversano tutta notte, riusciamo a dormire
per qualche ora filata…
E’ più faticoso spostarsi
in traghetto che non in kayak!
Gli originali murales stradali di Kavala... |
Mauro in visita all'Imaret: sembra in carcere! |
Panorama dal castello: i nostri due kayak sono laggiù vicino al traghetto! |
Le hanno tutte chiuse dentro, ma che peccato!!! |
Le arcate dell'acquedotto di Kavala... |
Il nostro campo di fortuna appena fuori dal nuovo porto di Myrina, sull'Isola di Limnos... |
Colazione nel porto vecchio di Myrina! |
Venerdì 10 agosto 2018 – 30° giorno di viaggio
Myrina – Paralia Aghios
Ioannis (Limnos) (10 km )
Vento NE 22-25 nodi (F6) –
mare mosso – 30°C
Un nuovo inizio
Siamo ancora così provati
dalla cosiddetta giornata di riposo di ieri che al mattino siamo più lenti del
solito. Arriva pure la Guardia Costiera
a rimproverarci di aver passato la notte attaccati al porto: non possono sapere
che abbiamo sulle spalle due notti insonni ed una traversata “nauseante”, ma
devono capirlo dalle nostre facce perché subito dopo il richiamo ci
suggeriscono di spostarci sulla vicina spiaggia.
Ma la scelta del luogo non
è stata casuale, e non dettata unicamente dalle mie precarie condizioni
fisiche: proprio fuori dal porto nuovo di Myrina si apre un piccolo scivolo di
alaggio perfetto per i nostri due Voyager. Non dobbiamo andare chissà dove a
peregrinare in cerca di un luogo di imbarco, siamo già arrivati. C’è pure una
fontanella d’acqua per reintegrare le scorte e sciacquare i teli da mare.
Di fronte alla nostra casa
per una notte c’è una cantina sociale che riceve dalle prime ore del giorno
consegne di cassette d’uva trasportate con i mezzi più disparati, in camion, in
pick-up e persino in motorino, tutto tranne un normale trattore per la
vendemmia (che qui arriva in anticipo di oltre un mese, evidentemente).
Andiamo a piedi in paese
per una colazione rigenerante.
Il porto vecchio di Myrina
è molto pittoresco e restare seduti al tavolino sistemato con la solita cura
greca all’ombra e al fresco della passeggiata sul molo è davvero rilassante.
Non ci avventuriamo né per
i vicoli del centro, né alla ricerca del museo archeologico, né tanto meno su
per il vecchio castello che domina la baia e che sembra essere il più antico
insediamento di tutta Europa: lo faremo alla fine del giro dell’isola (forse).
Adesso abbiamo solo voglia di riprendere il mare, anche se sono già le tre del
pomeriggio. Dopo una giornata di sosta ci manca così tanto pagaiare che non
vediamo l’ora di sederci di nuovo in kayak. Meltemi permettendo.
Limnos sembra l’isola del
vento: ci accoglie con 20 nodi costanti che non accennano a calare per i
prossimi 3-4 giorni. Il periplo sarà più lungo e periglioso del previsto,
soprattutto perché vogliamo farlo in senso orario, così da contrastare subito
le raffiche contrarie, sperando poi di averle a favore lungo la costa orientale
dell’isola (sempre che una volta giunti là, il vento non decida di cambiare
direzione e di contrastarci ancora, secondo la famosa Legge di Murphy che
impone al canoista di pagaiare sempre controvento!)
Scendiamo in acqua con
estrema attenzione: gli scivoli di alaggio sono molto pericolosi, anche quando
non sono scivolosi, e su uno stupido scivoletto di Gozo, qualche anno addietro,
Mauro si è fratturato tre costole e contuso malamente il gomito e la spalla
destri. Da allora ogni volta che affrontiamo uno scivolo ci mettiamo talmente tanta
attenzione che chi passa in quei momenti può pure pensare che siamo due
imbranati.
Riprendere la navigazione
dopo essere scesi da un traghetto regala la sensazione di un nuovo inizio di
viaggio: ci sentiamo come alle prese con le prime pagaiate, forse per la
giornata di fermo oppure per la novità dell’isola o magari per la più ovvia
forza contraria del Meltemi.
Filiamo via nel vento fino
all’ingresso del porto.
Appena fuori dalla diga
foranea, però, la musica cambia: il Meltemi ci aspetta al varco e ci ostacola
per tutto il pomeriggio. Ci sentiamo un po’ intimoriti ma anche rientrati nel
vivo del viaggio!
Spruzzi sul ponte, sugli
occhiali, sul viso: il cappello non resiste alle prime raffiche e vola via sul
ponte posteriore, legato a dovere al giubbotto ma anche lui messo subito alla
prova dal nostro affezionato Meltemi.
Ogni pagaiata ci fa
avanzare di qualche centimetro, o poco di più. Anche per passare il campo di
gara di un grande centro velico ci sembra di impiegare un’eternità, attenti
alle rotte dei tre windsurf e dell’unica deriva rossa che sfrecciano avanti ed
indietro nel vento, seguiti a distanza regolare da un gommoncino a motore che è
al lavoro imbarcazione di sicurezza. Il Meltemi soffia da terra e il minimo
errore porterebbe vela e velista in alto mare. Noi passiamo oltre con estrema
lentezza e dopo le boe gialle di delimitazione della zona di balneazione
decidiamo di fare una sosta.
Riprendiamo fiato.
Il successivo golfo di
Aghios Ioannis è battuto da raffiche costanti.
Potremmo tagliare al largo
per farci portare in traghetto fino oltre il capo, riducendo così la fatica
della navigazione controvento, ma vediamo sulla carta che le altre spiagge
aperte sulla costa a nord sono tutte troppo esposte. Preferiamo quindi chinare
il capo al Meltemi e pagaiare per due ore filate sotto l’assalto continuo delle
sue graffianti zampate: l’ultima caletta sembra abbastanza ridossata per
regalarci una notte tranquilla.
Siamo anche soli, separati
da un capo roccioso dal più vicino centro abitato e dalla taverna coi tavoli
dipinti di blu su cui abbiamo lasciato gli occhi. Siamo soli con le capre che
pascolano sui dirupi all’intorno e lungo il sentiero che conduce alla chiesetta
costruita sul picco più alto. Siamo soli sotto la più bella stellata del
viaggio, con la Via Lattea
che si accende in tutta l’arcata celeste e con le immancabili stelle cadenti di
questa notte d’estate.
La spettacolare baia isolata di Aghios Ioannis... |
Il bel capo roccioso di Akrotiri Kalogeri... |
Controvento fin laggiù... |
I bei faraglioni della costa nord-occidentale di Limnos... |
Inserti policromi nelle scogliere rocciose... |
Dominante di giallo ocra e rosso rame... |
E l'acqua dalle tonalità verdi molto invitanti... |
Sabato 11 agosto 2018 –
31° giorno di viaggio
Paralia Aghios Ioannis –
Paralia Gomati (22 km )
Vento NE 20 nodi in
attenuazione (F5) – mare mosso – 32°C
Incertezze
La sveglia è più lenta del
solito perché il sole tarda a salire sulla collina.
Abbiamo tutto il tempo per
riprenderci dalle fatiche dei due giorni passati.
Il vento è forte sin dal
primo mattino e si preannuncia un’altra giornata campale. Il Meltemi non è
andato a dormire e si diverte a spettinare sia noi che l’unico albero della
baia, le cui fronde stormiscono nel vento riproducendo il suono familiare del
mare in tempesta.
Le onde imbiancano la
baia.
Il primo tratto di mare,
di qualche centinaia di metri, è col vento in poppa.
Dopo capo Kalogeri,
abbellito da una serie di picchi rocciosi lavorati dal vento e dal mare,
dobbiamo virare le prue verso nord e tutto cambia: il Meltemi è lì che ci
aspetta, pronto a bloccare la nostra risalita della costa nord-occidentale
dell’isola di Limnos. Siamo completamente esposti, in balia delle sue raffiche
sferzanti, senza alcuna possibilità di riparo.
L’unica cosa che possiamo
fare è abbassare la pagaia, stringere i denti (non le mani, perché altrimenti
l’epicondilite si mette a ruggire pure lei!), restare vicino alla costa e
portare pazienza: tra una raffica e l’altra il Meltemi si riposa per qualche
secondo e ci ha insegnato ad approfittare del momento opportuno per fare
avanzare i nostri kayak controvento.
La costa è molto
interessante, incoronata di scogliere multicolori con inserti grigi, rossi e
gialli che ci ricordano in piccolo le bellezze di Milos.
Dopo neanche dieci
chilometri e oltre tre ore di pagaiata lenta e faticosa, sbarchiamo sulla
spiaggia di Mourtzeflos, sul versante meridionale dell’istmo che collega
l’isola al promontorio del faro: possiamo affacciarci sulla spiaggia gemella a
nord dello stretto per controllare com’è lo stato del mare sull’altro versante
dell’isola. E’ tutto bianco. Le onde frangenti rigano il braccio di mare che
separa Limnos dalle isole che si intravedono all’orizzonte, la greca Samotracia
che non abbiamo potuto visitare per l’assenza dei traghetti e la turca Gokceada
che non avremmo comunque potuto visitare per la mancanza del visto consolare
sul passaporto. E pensare che usandola come scalo intermedio, l’isola turca
avrebbe potuto facilitare la traversata in kayak da Samotracia a Limnos,
Meltemi permettendo. Mai come oggi, però, capiamo di avere fatto bene a
prendere il traghetto.
Il Meltemi sembra non
volerne sapere di calare, come le previsioni dicono: dalle tre del pomeriggio
le raffiche dovrebbero scendere di una decina di nodi, invece qui sembra tutto
inalterato, il mare grosso e le onde alte e i riccioli spumosi che frangono
sulla riva.
Non sappiamo bene cosa fare:
pagaiare controvento per altri dieci chilometri, fino al prossimo punto di
sbarco, significa restare in balia delle onde per oltre tre ore se non di più;
restare su questa spiaggia dimenticata e ventosa significa invece prendere
tutto il vento che soffia sull’isola, rinforzato dalle uniche alture
significative di Limnos, quelle su cui si intravedono le due cupole
dell’osservatorio; aspettare che il mare cali e ci lasci la possibilità di
avanzare significa poi mettere alla prova quella pazienza che non può mancare
nel bagaglio di ogni navigatore.
Non ci resta che ammazzare
l’attesa: Mauro apre un nuovo pacchetto di sigarette ed io mi metto a
“grufolare” sulla spiaggia dell’istmo, così ricca di preziosi ritrovamenti che
carico in kayak tre nuovi pennelli-pescetti, tre formine di farfalle, paperelle
ed elefantini e ben cinque tra rastrelli e palette colorate. Mauro mi trascina
via alle cinque del pomeriggio dicendo che il vento è calato. Non è del tutto
vero, però mi convince a risalire in kayak ricordandomi che ad Anafi, durante
il giro delle Isole Cicladi del 2016, avevamo deciso di fare il periplo
dell’isola insieme a Nico e Manolis proprio quando, dopo una settimana di
burrasca, il Meltemi era calato da 35
a 25 nodi. Quindi i 20 nodi di oggi a Limnos non sono
poi questa grande cosa. Andiamo.
Il primo chilometro verso
il capo è una passeggiata: il Meltemi ci segue sotto le scogliere del promontorio
e ci lascia tempo e modo per apprezzare i bei pinnacoli rocciosi che incoronano
la piccola penisola sormontata dal faro. Subito dopo, com’era prevedibile, il
mare grosso torna alla carica: c’è una lavatrice gentile che ci accompagna sul
versante settentrionale dell’isola e che lascia il campo ad una serie di onde
alte un paio di metri, che però salgono e scendono in maniera via via più
gentile, fino a spingerci con dolcezza sorprendente dentro lo stretto tra il
capo successivo e la vicina isoletta di Sideritis.
Avevamo pensato di
sbarcare sull’unica spiaggia segnata sulla carta, a metà strada tra i due capi,
ai piedi di una incavata vallata in cui sono cresciuti alcuni alberelli
sparuti: ma saremmo rimasti esposti al vento tutta la notte e anche l’indomani,
se come sembra il vento riprende forza proprio a mezzanotte ed accenna a calare
soltanto nel tardo pomeriggio.
Anche se è quasi l’ora del
tramonto, spingiamo i kayak oltre il capo e fin dentro alla baia di Gomati: per
una di quelle strane coincidenze che capitano solo in viaggio, quando
l’orologio segna le 19.26 il gps ci dice che abbiamo fatto 19.26 chilometri .
Ci sembra un buon segnale: sbarchiamo poco dopo sulla stessa spiaggia di sabbia
occupata da una dozzina di camper di surfisti. Un papà ed un bambino tedeschi
si avvicinano per darci il benvenuto, sorpresi di vedere arrivare due kayak in
una giornata così ventosa.
Le dune sono alte e
ricoperte di gigli di mare. Abbiamo solo il tempo di osservare di sfuggita le
nuvolette che passano in cielo e che stingono da un carico rosso corallo del
tramonto ad un cinereo carta da zucchero della sera. Montiamo la tenda in riva
al mare, ben tirantata tra i due kayak.
Le stelle cadenti ci
tengono compagnia durante la cena, tutt’altro che frugale, che consumiamo
raccontandoci sottovoce le tante emozioni che hanno riempito questa lunga
giornata di navigazione.
Un passaggio tra gli scogli verso Akrotiri Mourtzeflos... |
Oltre il capo, sulla costa settentrionale... |
Le scogliere lavorate dall'acqua e dal vento... |
La tendina sbatacchiata dal vento sulla spiaggia di Gomati... |
La duna creata nottetempo dal vento... |
Guardano il mare... |
Al lavoro... |
Domenica 12 agosto 2018 –
32° giorno di viaggio
Paralia Gomati – Paralia
Gomati (0 km )
Vento NE 15-18 nodi (F4-5)
– mare mosso – 32°C
Attese
La notte è stata molto
difficile.
Il vento si è alzato non
appena noi ci siamo coricati.
La tenda non ha più smesso
di sbatacchiare e cigolare fino al mattino.
Quando mettiamo il naso
fuori scopriamo che due piccole dune si sono formate intorno ai nostri due
kayak. Non solo. Mauro deve sistemare l’invaso intorno alla tenda perché il
vento ha eroso la sabbia sotto il suo kayak, che si è persino inclinato su un
lato, e ha accumulato granelli sul lato esposto della nostra casetta mobile,
che abbiamo così capito perché si andava restringendo sempre di più. Dedichiamo
l’ora successiva, prima ancora di sederci a fare colazione, a ripulire ogni
cosa dalla sabbia, materassini e sacchi a pelo, tappi dei gavoni, ponti e
pozzetto. Questa rena rossastra e finissima si infila ovunque, persino in bocca
appena cerco di proferire parola. Ottimo motivo per restare in silenzio, come
suggerisce Mauro. E godersi il ruggito del mare.
Il Meltemi è tornato a
soffiare deciso e adesso imbianca tutta la baia, con grande gioia dei surfisti
nostri vicini: si preparano a giocare tra le onde, alcuni con le vele dei
wind-surf, altri con gli aquiloni dei kite-surf, tutti comunque ben attrezzati
con giubbottini e caschetti. Capiamo che è una nutrita compagnia di famiglie
tedesche che da anni rincorre il Meltemi sulle isole greche per trascorrere le
vacanze a fare salti nel vento coltivando la loro comune passione per il surf:
il papà che ieri sera è venuto a salutarci torna stamattina per accomiatarsi.
Ci conferma che il vento è previsto in calo per i prossimi giorni, che a luglio
il Meltemi non c’è proprio arrivato sull’isola di Limnos e che oggi sono tutti
pronti per spostarsi sull’altro capo orientale dove il vento è dato ancora in
rinforzo.
Per noi si profila una
giornata di riposo.
Tanto più che questo è uno
dei posti più belli del viaggio.
Il mare blu è rigato di
frangenti bianchi, le nuvolette in cielo corrono via veloci, la spiaggia è
battuta dal vento costante, tanto che in poco tempo il canaletto formato sulla
sabbia dai nostri kayak viene riempito da altra sabbia. Le impronte che
lasciamo sulla spiaggia quando andiamo a guardare il mare dalla chiesetta
costruita sul capo più esposto sono già scomparse quando torniamo indietro.
Ci sistemiamo con tutte le
nostre carabattole elettroniche sotto la tettoia ombrosa di una delle roulottes
parcheggiate sulla spiaggia e che per le condizioni in cui versano ci fanno
pensare che sono lasciate qui al mare per tutto l’anno. Non ci ricordiamo per
tempo che oggi è domenica perché finché non apriamo il diario di viaggio non
siamo mai in grado di ricostruire la sequenza dei giorni della settimana:
quando arrivano i proprietari della roulottes dobbiamo trasferirci in fretta e
furia sui tavolini all’ombra della vicina kantina, che nel frattempo ha aperto
finalmente aperto i battenti. Non fosse per la musica sarebbe un luogo
perfetto: il volume non è neanche eccessivo, ma copre il suono del mare e ci
lascia per qualche ora alquanto straniti, così vicini all’acqua ma trasportati
così lontano dalle note gracchianti diffuse dalle casse.
Potremmo riprendere la
navigazione, ma il mare è ancora grosso e di pagaiare controvento per ore non
ci va per niente. Potremmo attendere il tardo pomeriggio per vedere se davvero
il Meltemi cala, come dicono le previsioni meteorologiche, ma a quel punto non
avremmo tempo di raggiungere il successivo punto di sbarco ridossato. Potremmo
anche avventurarci in una pagaiata serale-notturna per sfruttare le ore di
calma, ma non ci è mai piaciuto tanto viaggiare col buio, perché ci perdiamo le
bellezze della costa, che qui davvero non mancano, oltre a rischiare di rigare
le chiglie dei nostri amati kayak sugli scogli affioranti che qui sembrano
disseminati lungo tutto la costa. Allora aspettiamo.
Limnos è un’isola battuta
dal mare, pelata dal vento e bruciata dal sole. Le basse colline che scendono
dolcemente verso la costa rocciosa sono del tutto prive di alberi, ricoperte solo
di terreni incolti e di una rada macchia mediterranea che sembra già tutta
riarsa e secca; le poche vallate in cui d’inverno scorrono torrentelli timorosi
proteggono qualche raro alberello altrettanto timido, e fin’ora abbiamo scorto
soltanto un pino, cresciuto al riparo di un dirupo roccioso; le strade sono
tutte sterrate e sono frequentate soltanto da pochi avventurosi turisti come il
folto gruppo di amici surfisti tedeschi. Non ci sono case costruite sulla costa
e neanche all’interno, almeno fin dove si spinge lo sguardo.
I colori dominanti sono il
giallo dell’erba secca, il marrone della terra spoglia, il grigio delle pareti
strapiombanti. L’origine vulcanica di Limnos è confermata dalle sue scogliere
policrome ed offre a chi pagaia lungo le sue coste le variazioni cromatiche
tipiche delle isole che un tempo hanno fatto tremare la terra.
Questa di Gomati è una
delle poche spiagge di sabbia della costa e non siamo affatto dispiaciuti di
restare per una giornata intera a bighellonare sulla sua battigia rossastra.
Dopo avere aggiornato il blog seduti alla kantina abbiamo in serbo di riempire
la giornata con un altro bel prosieguo di programma: spostarci alla vicina
taverna per la cena.
Dobbiamo solo trovare un
posto migliore dove montare la tenda per proteggerla dal vento che qui cresce
di notte. Ma abbiamo tutto il tempo per scovarlo. Fino a domani non ci
muoviamo.
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