SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro viaggio in Grecia... là dove nasce il Meltemi...
partiremo da Salonicco e costeggeremo la penisola della Calcidica, sperando di poter navigare anche intorno alla repubblica monastica del Monte Athos. Poi sarà la volta delle isole Thasos, Samothraki e Limnos.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di luglio e contiamo di finire entro agosto. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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domenica 12 agosto 2018

Arriviamo a Limnos...

Giovedì 9 agosto 2018 – 29° giorno di viaggio
Kavala – Limnos (130 km in traghetto!)
Vento NE 20 nodi (F5) – mare mosso – 30°C
Traghetto per Limnos
La giornata di riposo inizia con una sfacchinata.
Tirare su i kayak dalla spiaggia al terrapieno che la domina ci fa consumare le poche energie della mattina. La notte è stata movimentata: siamo stati svegliati alle quattro del mattino dalle onde provocate dall’ingresso in porto del traghetto da e per Limnos, il “nostro” traghetto delle cinque del pomeriggio. Quando pensavamo di riprendere sonno ci siamo resi conto che il traghetto attraccato alla banchina più prossima alla “nostra” spiaggia sarebbe presto diventato una presenza incombente: le luci rimaste accese fino all’alba hanno illuminato a giorno la nostra tendina ed i motori dei generatori mai spenti hanno continuato a rimbombare a lungo nelle orecchie e nelle ossa…
C’è però sempre un lato positivo in ogni cosa: il traghetto è proprio a due passi dal terrapieno. Dopo la fatica di tirare i kayak in secca, ci è bastato trainarli col carrellino fino alla banchina per arrivare a destinazione. I gentili marinai a bordo ci hanno fatto sistemare i due Voyager proprio sotto la cima di ormeggio del traghetto, tra la bitta dipinta di giallo e lo scivolo di imbarco: tranquilli e soddisfatti per questa posizione strategica e sicura, li lasciamo lì fino al nostro ritorno.
Ci concediamo una visita alla città di Kavala. Che pure si rivela un’altra bella sfacchinata, sotto il sole di mezzogiorno e su per i vicoletti che salgono dal mare fino alla rocca del castello.
Procediamo a tappe, forzate secondo Mauro.
La prima sosta è all’Imaret, una scuola islamica costruita dal sultano Mohamed Alì nel 1817 come omaggio alla sua città natale: attorno a tre giardini di agrumi ed alberi centenari si aprono altrettanti chiostri che un tempo ospitavano il dormitorio dell’orfanotrofio, le cucine per i poveri della città ed una cisterna all’aperto che riforniva il bagno turco, oltre ai luoghi di culto e di preghiera che sono stati conservati in maniera impeccabile, restaurati al principio del Novecento da una delle nobili famiglie del tabacco di Kavala e trasformati in tempi recenti in un esclusivo albergo a cinque stelle (l’unico in Europa ricavato in una scuola coranica, come ci dice il ragazzo che ci riceve all’ingresso). La visita guidata ci ha scoprire gli angoli più nascosti ed affascinanti di questo luogo particolare, ricco di storia e di bellezza, carico di cupole ricoperte di piombo e di arcate in pietra e di scalinate in cotto, in un perfetto connubio tra architettura ottomana e riadattamento moderno. E’ piaciuto persino a Mauro!
La seconda sosta invece è al castello, dopo una scalata al paese che ci lascia senza fiato ma che ci fa godere di una vista mozzafiato sull’intero golfo di Kavala, fin laggiù all’Isola di Thassos che abbiamo lasciato pochi giorni fa. La “scalata” ci fa meritare una birra ed un succo di frutta nel piccolo bar all’aperto sistemato proprio nel cuore della rocca, ora occupata da un’ampia arena per gli spettacoli all’aperto. Anche qui ci sono cento cose da vedere e da scoprire, senza la visita guidata ma con un itinerario molto articolato ed interessante, che passa dalla torre circolare su cui svetta la bandiera greca ai vecchi magazzini trasformati in carceri alle antiche residenze delle guardie. “Guarda, si può anche seguire il percorso lungo tutte le mura merlate del castello!”, dico io in un momento di entusiasmo rivolta a Mauro. “Io non smerlo proprio niente, ti aspetto al bar”. Fine della discussione. E della visita.
La terza ed ultima sosta è infine sotto le alte arcate di pietra del maestoso acquedotto che riforniva la città vecchia arroccata sul promontorio roccioso: una costruzione imponente adesso soffocata dagli alti condomini in cemento dei quartieri nuovi ma un tempo imponente opera ingegneristica che sfruttava un dislivello calcolato di soli sei metri e, come precisano tutte le guide turistiche, non ricorreva ad alcun sistema di vasi comunicanti. Quello che più ci colpisce, però,  è un segnale stradale giallo e rosso che indica la direzione e la distanza per una città lontana in una terra qui considerata oltre confine: Costantinopoli, 460 km! Costantinopoli, mica Istanbul! 
Scendiamo verso il porto e compriamo per 3 euro la bellezza di quattro pesche, quattro banane e due grappoli d’uva. Memorizzo il negozio, per tornarci al nostro rientro da Limnos.
E’ ancora presto per salire sul traghetto e ne approfitto per andare a cercare informazioni sui collegamenti via terra tra Kavala e Salonicco: abbiamo infatti appena scoperto che hanno abolito anche la tratta del traghetto tra Limnos e Salonicco, attiva fino all’anno passato ma cancellata quest’estate per chissà quale motivo. Saremo quindi costretti a tornare a Kavala, senza poter chiudere il cerchio ideale del nostro giro in kayak del Nord Egeo. Dopo aver rinunciato alla visita dell’Isola di Samotracia, questa ulteriore variazione del programma di viaggio non ci sembra poi così sconveniente. Flessibilità: questo insegna il kayak, tra le tante altre cose!
Al momento di caricare i kayak sul traghetto scopriamo anche di dover pagare una somma aggiuntiva di 20 euro: è la prima volta che ci capita di pagare per imbarcare i kayak su un traghetto greco, ma la cortesia del personale di bordo è tale che non ci pesa affatto tornare alla biglietteria per integrare la tariffa.
Mi dimentico però di prendere le pillole per il mal di mare e per le quattro ore di traversata soffro di una nausea continua e invalidante, che Mauro mi convince a tenere a bada sorseggiando un bicchiere ricolmo di raki…
All’arrivo nel porticciolo di Miryna, sulla costa occidentale dell’Isola di Limnos, quando ormai sono le nove passate e la notte è calata su tutta la cittadina, riesco soltanto a trascinare il kayak giù dal traghetto e appena fuori dal porto. Poi crollo. Mauro scova un angolino riparato dal vento dove montare la tenda e nonostante le forte raffiche di Meltemi che imperversano tutta notte, riusciamo a dormire per qualche ora filata…
E’ più faticoso spostarsi in traghetto che non in kayak!

Gli originali murales stradali di Kavala...
Mauro in visita all'Imaret: sembra in carcere!
Panorama dal castello: i nostri due kayak sono laggiù vicino al traghetto!
Le hanno tutte chiuse dentro, ma che peccato!!!
Le arcate dell'acquedotto di Kavala...
Il nostro campo di fortuna appena fuori dal nuovo porto di Myrina, sull'Isola di Limnos...
Colazione nel porto vecchio di Myrina!

Venerdì 10 agosto 2018 – 30° giorno di viaggio
Myrina – Paralia Aghios Ioannis (Limnos) (10 km)
Vento NE 22-25 nodi (F6) – mare mosso – 30°C
Un nuovo inizio
Siamo ancora così provati dalla cosiddetta giornata di riposo di ieri che al mattino siamo più lenti del solito. Arriva pure la Guardia Costiera a rimproverarci di aver passato la notte attaccati al porto: non possono sapere che abbiamo sulle spalle due notti insonni ed una traversata “nauseante”, ma devono capirlo dalle nostre facce perché subito dopo il richiamo ci suggeriscono di spostarci sulla vicina spiaggia.
Ma la scelta del luogo non è stata casuale, e non dettata unicamente dalle mie precarie condizioni fisiche: proprio fuori dal porto nuovo di Myrina si apre un piccolo scivolo di alaggio perfetto per i nostri due Voyager. Non dobbiamo andare chissà dove a peregrinare in cerca di un luogo di imbarco, siamo già arrivati. C’è pure una fontanella d’acqua per reintegrare le scorte e sciacquare i teli da mare.
Di fronte alla nostra casa per una notte c’è una cantina sociale che riceve dalle prime ore del giorno consegne di cassette d’uva trasportate con i mezzi più disparati, in camion, in pick-up e persino in motorino, tutto tranne un normale trattore per la vendemmia (che qui arriva in anticipo di oltre un mese, evidentemente).
Andiamo a piedi in paese per una colazione rigenerante.
Il porto vecchio di Myrina è molto pittoresco e restare seduti al tavolino sistemato con la solita cura greca all’ombra e al fresco della passeggiata sul molo è davvero rilassante.
Non ci avventuriamo né per i vicoli del centro, né alla ricerca del museo archeologico, né tanto meno su per il vecchio castello che domina la baia e che sembra essere il più antico insediamento di tutta Europa: lo faremo alla fine del giro dell’isola (forse). Adesso abbiamo solo voglia di riprendere il mare, anche se sono già le tre del pomeriggio. Dopo una giornata di sosta ci manca così tanto pagaiare che non vediamo l’ora di sederci di nuovo in kayak. Meltemi permettendo.
Limnos sembra l’isola del vento: ci accoglie con 20 nodi costanti che non accennano a calare per i prossimi 3-4 giorni. Il periplo sarà più lungo e periglioso del previsto, soprattutto perché vogliamo farlo in senso orario, così da contrastare subito le raffiche contrarie, sperando poi di averle a favore lungo la costa orientale dell’isola (sempre che una volta giunti là, il vento non decida di cambiare direzione e di contrastarci ancora, secondo la famosa Legge di Murphy che impone al canoista di pagaiare sempre controvento!)
Scendiamo in acqua con estrema attenzione: gli scivoli di alaggio sono molto pericolosi, anche quando non sono scivolosi, e su uno stupido scivoletto di Gozo, qualche anno addietro, Mauro si è fratturato tre costole e contuso malamente il gomito e la spalla destri. Da allora ogni volta che affrontiamo uno scivolo ci mettiamo talmente tanta attenzione che chi passa in quei momenti può pure pensare che siamo due imbranati.
Riprendere la navigazione dopo essere scesi da un traghetto regala la sensazione di un nuovo inizio di viaggio: ci sentiamo come alle prese con le prime pagaiate, forse per la giornata di fermo oppure per la novità dell’isola o magari per la più ovvia forza contraria del Meltemi.
Filiamo via nel vento fino all’ingresso del porto.
Appena fuori dalla diga foranea, però, la musica cambia: il Meltemi ci aspetta al varco e ci ostacola per tutto il pomeriggio. Ci sentiamo un po’ intimoriti ma anche rientrati nel vivo del viaggio!
Spruzzi sul ponte, sugli occhiali, sul viso: il cappello non resiste alle prime raffiche e vola via sul ponte posteriore, legato a dovere al giubbotto ma anche lui messo subito alla prova dal nostro affezionato Meltemi.
Ogni pagaiata ci fa avanzare di qualche centimetro, o poco di più. Anche per passare il campo di gara di un grande centro velico ci sembra di impiegare un’eternità, attenti alle rotte dei tre windsurf e dell’unica deriva rossa che sfrecciano avanti ed indietro nel vento, seguiti a distanza regolare da un gommoncino a motore che è al lavoro imbarcazione di sicurezza. Il Meltemi soffia da terra e il minimo errore porterebbe vela e velista in alto mare. Noi passiamo oltre con estrema lentezza e dopo le boe gialle di delimitazione della zona di balneazione decidiamo di fare una sosta.
Riprendiamo fiato.
Il successivo golfo di Aghios Ioannis è battuto da raffiche costanti.
Potremmo tagliare al largo per farci portare in traghetto fino oltre il capo, riducendo così la fatica della navigazione controvento, ma vediamo sulla carta che le altre spiagge aperte sulla costa a nord sono tutte troppo esposte. Preferiamo quindi chinare il capo al Meltemi e pagaiare per due ore filate sotto l’assalto continuo delle sue graffianti zampate: l’ultima caletta sembra abbastanza ridossata per regalarci una notte tranquilla.
Siamo anche soli, separati da un capo roccioso dal più vicino centro abitato e dalla taverna coi tavoli dipinti di blu su cui abbiamo lasciato gli occhi. Siamo soli con le capre che pascolano sui dirupi all’intorno e lungo il sentiero che conduce alla chiesetta costruita sul picco più alto. Siamo soli sotto la più bella stellata del viaggio, con la Via Lattea che si accende in tutta l’arcata celeste e con le immancabili stelle cadenti di questa notte d’estate.

La spettacolare baia isolata di Aghios Ioannis...
Il bel capo roccioso di Akrotiri Kalogeri...
Controvento fin laggiù...
I bei faraglioni della costa nord-occidentale di Limnos...
Inserti policromi nelle scogliere rocciose...
Dominante di giallo ocra e rosso rame...
E l'acqua dalle tonalità verdi molto invitanti...

Sabato 11 agosto 2018 – 31° giorno di viaggio
Paralia Aghios Ioannis – Paralia Gomati (22 km)
Vento NE 20 nodi in attenuazione (F5) – mare mosso – 32°C
Incertezze
La sveglia è più lenta del solito perché il sole tarda a salire sulla collina.
Abbiamo tutto il tempo per riprenderci dalle fatiche dei due giorni passati.
Il vento è forte sin dal primo mattino e si preannuncia un’altra giornata campale. Il Meltemi non è andato a dormire e si diverte a spettinare sia noi che l’unico albero della baia, le cui fronde stormiscono nel vento riproducendo il suono familiare del mare in tempesta.
Le onde imbiancano la baia.
Il primo tratto di mare, di qualche centinaia di metri, è col vento in poppa.
Dopo capo Kalogeri, abbellito da una serie di picchi rocciosi lavorati dal vento e dal mare, dobbiamo virare le prue verso nord e tutto cambia: il Meltemi è lì che ci aspetta, pronto a bloccare la nostra risalita della costa nord-occidentale dell’isola di Limnos. Siamo completamente esposti, in balia delle sue raffiche sferzanti, senza alcuna possibilità di riparo.
L’unica cosa che possiamo fare è abbassare la pagaia, stringere i denti (non le mani, perché altrimenti l’epicondilite si mette a ruggire pure lei!), restare vicino alla costa e portare pazienza: tra una raffica e l’altra il Meltemi si riposa per qualche secondo e ci ha insegnato ad approfittare del momento opportuno per fare avanzare i nostri kayak controvento.
La costa è molto interessante, incoronata di scogliere multicolori con inserti grigi, rossi e gialli che ci ricordano in piccolo le bellezze di Milos.
Dopo neanche dieci chilometri e oltre tre ore di pagaiata lenta e faticosa, sbarchiamo sulla spiaggia di Mourtzeflos, sul versante meridionale dell’istmo che collega l’isola al promontorio del faro: possiamo affacciarci sulla spiaggia gemella a nord dello stretto per controllare com’è lo stato del mare sull’altro versante dell’isola. E’ tutto bianco. Le onde frangenti rigano il braccio di mare che separa Limnos dalle isole che si intravedono all’orizzonte, la greca Samotracia che non abbiamo potuto visitare per l’assenza dei traghetti e la turca Gokceada che non avremmo comunque potuto visitare per la mancanza del visto consolare sul passaporto. E pensare che usandola come scalo intermedio, l’isola turca avrebbe potuto facilitare la traversata in kayak da Samotracia a Limnos, Meltemi permettendo. Mai come oggi, però, capiamo di avere fatto bene a prendere il traghetto.
Il Meltemi sembra non volerne sapere di calare, come le previsioni dicono: dalle tre del pomeriggio le raffiche dovrebbero scendere di una decina di nodi, invece qui sembra tutto inalterato, il mare grosso e le onde alte e i riccioli spumosi che frangono sulla riva.
Non sappiamo bene cosa fare: pagaiare controvento per altri dieci chilometri, fino al prossimo punto di sbarco, significa restare in balia delle onde per oltre tre ore se non di più; restare su questa spiaggia dimenticata e ventosa significa invece prendere tutto il vento che soffia sull’isola, rinforzato dalle uniche alture significative di Limnos, quelle su cui si intravedono le due cupole dell’osservatorio; aspettare che il mare cali e ci lasci la possibilità di avanzare significa poi mettere alla prova quella pazienza che non può mancare nel bagaglio di ogni navigatore.
Non ci resta che ammazzare l’attesa: Mauro apre un nuovo pacchetto di sigarette ed io mi metto a “grufolare” sulla spiaggia dell’istmo, così ricca di preziosi ritrovamenti che carico in kayak tre nuovi pennelli-pescetti, tre formine di farfalle, paperelle ed elefantini e ben cinque tra rastrelli e palette colorate. Mauro mi trascina via alle cinque del pomeriggio dicendo che il vento è calato. Non è del tutto vero, però mi convince a risalire in kayak ricordandomi che ad Anafi, durante il giro delle Isole Cicladi del 2016, avevamo deciso di fare il periplo dell’isola insieme a Nico e Manolis proprio quando, dopo una settimana di burrasca, il Meltemi era calato da 35 a 25 nodi. Quindi i 20 nodi di oggi a Limnos non sono poi questa grande cosa. Andiamo.
Il primo chilometro verso il capo è una passeggiata: il Meltemi ci segue sotto le scogliere del promontorio e ci lascia tempo e modo per apprezzare i bei pinnacoli rocciosi che incoronano la piccola penisola sormontata dal faro. Subito dopo, com’era prevedibile, il mare grosso torna alla carica: c’è una lavatrice gentile che ci accompagna sul versante settentrionale dell’isola e che lascia il campo ad una serie di onde alte un paio di metri, che però salgono e scendono in maniera via via più gentile, fino a spingerci con dolcezza sorprendente dentro lo stretto tra il capo successivo e la vicina isoletta di Sideritis.
Avevamo pensato di sbarcare sull’unica spiaggia segnata sulla carta, a metà strada tra i due capi, ai piedi di una incavata vallata in cui sono cresciuti alcuni alberelli sparuti: ma saremmo rimasti esposti al vento tutta la notte e anche l’indomani, se come sembra il vento riprende forza proprio a mezzanotte ed accenna a calare soltanto nel tardo pomeriggio.
Anche se è quasi l’ora del tramonto, spingiamo i kayak oltre il capo e fin dentro alla baia di Gomati: per una di quelle strane coincidenze che capitano solo in viaggio, quando l’orologio segna le 19.26 il gps ci dice che abbiamo fatto 19.26 chilometri. Ci sembra un buon segnale: sbarchiamo poco dopo sulla stessa spiaggia di sabbia occupata da una dozzina di camper di surfisti. Un papà ed un bambino tedeschi si avvicinano per darci il benvenuto, sorpresi di vedere arrivare due kayak in una giornata così ventosa.
Le dune sono alte e ricoperte di gigli di mare. Abbiamo solo il tempo di osservare di sfuggita le nuvolette che passano in cielo e che stingono da un carico rosso corallo del tramonto ad un cinereo carta da zucchero della sera. Montiamo la tenda in riva al mare, ben tirantata tra i due kayak.
Le stelle cadenti ci tengono compagnia durante la cena, tutt’altro che frugale, che consumiamo raccontandoci sottovoce le tante emozioni che hanno riempito questa lunga giornata di navigazione.

Un passaggio tra gli scogli verso Akrotiri Mourtzeflos...
Oltre il capo, sulla costa settentrionale...
Le scogliere lavorate dall'acqua e dal vento...
La tendina sbatacchiata dal vento sulla spiaggia di Gomati...
La duna creata nottetempo dal vento...
Guardano il mare...
Al lavoro...

Domenica 12 agosto 2018 – 32° giorno di viaggio
Paralia Gomati – Paralia Gomati (0 km)
Vento NE 15-18 nodi (F4-5) – mare mosso – 32°C
Attese
La notte è stata molto difficile.
Il vento si è alzato non appena noi ci siamo coricati.
La tenda non ha più smesso di sbatacchiare e cigolare fino al mattino.
Quando mettiamo il naso fuori scopriamo che due piccole dune si sono formate intorno ai nostri due kayak. Non solo. Mauro deve sistemare l’invaso intorno alla tenda perché il vento ha eroso la sabbia sotto il suo kayak, che si è persino inclinato su un lato, e ha accumulato granelli sul lato esposto della nostra casetta mobile, che abbiamo così capito perché si andava restringendo sempre di più. Dedichiamo l’ora successiva, prima ancora di sederci a fare colazione, a ripulire ogni cosa dalla sabbia, materassini e sacchi a pelo, tappi dei gavoni, ponti e pozzetto. Questa rena rossastra e finissima si infila ovunque, persino in bocca appena cerco di proferire parola. Ottimo motivo per restare in silenzio, come suggerisce Mauro. E godersi il ruggito del mare.
Il Meltemi è tornato a soffiare deciso e adesso imbianca tutta la baia, con grande gioia dei surfisti nostri vicini: si preparano a giocare tra le onde, alcuni con le vele dei wind-surf, altri con gli aquiloni dei kite-surf, tutti comunque ben attrezzati con giubbottini e caschetti. Capiamo che è una nutrita compagnia di famiglie tedesche che da anni rincorre il Meltemi sulle isole greche per trascorrere le vacanze a fare salti nel vento coltivando la loro comune passione per il surf: il papà che ieri sera è venuto a salutarci torna stamattina per accomiatarsi. Ci conferma che il vento è previsto in calo per i prossimi giorni, che a luglio il Meltemi non c’è proprio arrivato sull’isola di Limnos e che oggi sono tutti pronti per spostarsi sull’altro capo orientale dove il vento è dato ancora in rinforzo.
Per noi si profila una giornata di riposo.
Tanto più che questo è uno dei posti più belli del viaggio.
Il mare blu è rigato di frangenti bianchi, le nuvolette in cielo corrono via veloci, la spiaggia è battuta dal vento costante, tanto che in poco tempo il canaletto formato sulla sabbia dai nostri kayak viene riempito da altra sabbia. Le impronte che lasciamo sulla spiaggia quando andiamo a guardare il mare dalla chiesetta costruita sul capo più esposto sono già scomparse quando torniamo indietro.
Ci sistemiamo con tutte le nostre carabattole elettroniche sotto la tettoia ombrosa di una delle roulottes parcheggiate sulla spiaggia e che per le condizioni in cui versano ci fanno pensare che sono lasciate qui al mare per tutto l’anno. Non ci ricordiamo per tempo che oggi è domenica perché finché non apriamo il diario di viaggio non siamo mai in grado di ricostruire la sequenza dei giorni della settimana: quando arrivano i proprietari della roulottes dobbiamo trasferirci in fretta e furia sui tavolini all’ombra della vicina kantina, che nel frattempo ha aperto finalmente aperto i battenti. Non fosse per la musica sarebbe un luogo perfetto: il volume non è neanche eccessivo, ma copre il suono del mare e ci lascia per qualche ora alquanto straniti, così vicini all’acqua ma trasportati così lontano dalle note gracchianti diffuse dalle casse.
Potremmo riprendere la navigazione, ma il mare è ancora grosso e di pagaiare controvento per ore non ci va per niente. Potremmo attendere il tardo pomeriggio per vedere se davvero il Meltemi cala, come dicono le previsioni meteorologiche, ma a quel punto non avremmo tempo di raggiungere il successivo punto di sbarco ridossato. Potremmo anche avventurarci in una pagaiata serale-notturna per sfruttare le ore di calma, ma non ci è mai piaciuto tanto viaggiare col buio, perché ci perdiamo le bellezze della costa, che qui davvero non mancano, oltre a rischiare di rigare le chiglie dei nostri amati kayak sugli scogli affioranti che qui sembrano disseminati lungo tutto la costa. Allora aspettiamo.
Limnos è un’isola battuta dal mare, pelata dal vento e bruciata dal sole. Le basse colline che scendono dolcemente verso la costa rocciosa sono del tutto prive di alberi, ricoperte solo di terreni incolti e di una rada macchia mediterranea che sembra già tutta riarsa e secca; le poche vallate in cui d’inverno scorrono torrentelli timorosi proteggono qualche raro alberello altrettanto timido, e fin’ora abbiamo scorto soltanto un pino, cresciuto al riparo di un dirupo roccioso; le strade sono tutte sterrate e sono frequentate soltanto da pochi avventurosi turisti come il folto gruppo di amici surfisti tedeschi. Non ci sono case costruite sulla costa e neanche all’interno, almeno fin dove si spinge lo sguardo.
I colori dominanti sono il giallo dell’erba secca, il marrone della terra spoglia, il grigio delle pareti strapiombanti. L’origine vulcanica di Limnos è confermata dalle sue scogliere policrome ed offre a chi pagaia lungo le sue coste le variazioni cromatiche tipiche delle isole che un tempo hanno fatto tremare la terra.
Questa di Gomati è una delle poche spiagge di sabbia della costa e non siamo affatto dispiaciuti di restare per una giornata intera a bighellonare sulla sua battigia rossastra. Dopo avere aggiornato il blog seduti alla kantina abbiamo in serbo di riempire la giornata con un altro bel prosieguo di programma: spostarci alla vicina taverna per la cena.
Dobbiamo solo trovare un posto migliore dove montare la tenda per proteggerla dal vento che qui cresce di notte. Ma abbiamo tutto il tempo per scovarlo. Fino a domani non ci muoviamo.

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