Akrotir Vradhisa – Skala
Sotiros (Thassos) (25 km )
Vento NE 5-10 nodi (F2-3)
– mare da calmo a poco mosso – 28°C
Traversata sull’isola di
Thassos
L’ulivo è una gran bella
pianta.
E sotto la sua ombra si
dorme tanto e bene.
Aspettiamo l’annunciata
bava di vento a favore, che però non arriva. Né a mezzogiorno, né alle tre del
pomeriggio, né mai. Sembra che le previsioni meteorologiche, tanto attendibili
e puntuali quando eravamo nelle Ioniche, nelle Cicladi e a Creta, qui nel Nord
Egeo siamo diventate invece del tutto inaffidabili. Controlliamo giornalmente
almeno quattro siti meteo diversi (Windguru, Windy, Windfinder e Meteo Consulte
Marine) ma nessuno sembra indovinare quel che succede col vento e con la pioggia:
se la previsione della forza del vento è corretta, è invece sbagliata la sua
direzione, oppure viceversa; se è in arrivo una qualche variazione
nell’intensità o nella direzione del vento, l’orario non è mai quello giusto;
se poi è annunciato un temporale, non è mai dato sapere se è accompagnato o
meno dalla pioggia, e quando la pioggia non è prevista invece cade a catinelle.
Insomma, quest’anno sembra proprio che non possiamo fare troppo affidamento
sulle previsioni meteorologiche.
Visto che il mare rimane
per tutta la mattina una immota tavola blu, decidiamo di imbarcarci ugualmente,
anche senza la preannunciata ed invano attesa bava di vento a favore.
La nostra destinazione è
comunque avvolta nella foschia. L’isola di Thassos, distante una ventina di chilometri,
stamattina non si vede.
La navigazione è molto
tranquilla e per la prima ora non si forma neanche la minima increspatura. Ho
tutto l’agio di tenere sotto controllo il mio gomito sinistro, dopo che
quell’accenno di epicondilite che avevo avvertito all’inizio del viaggio era
aumentato in maniera fastidiosa durante il fortunale sulla penisola di Sithonia
ed era diventato alquanto doloroso dopo il trasbordo dello stretto del Monte
Athos. Ora ho modo di tornare a controllare la pagaiata, il ritmo e l’equilibrio
necessari per evitare ogni minima sollecitazione al gomito. E la strategia
sembra funzionare.
Dopo un paio d’ore si alza
un deciso vento da nord-est che pur previsto per la serata non ci aspettavamo
certo arrivasse all’ora di pranzo, tanto più che ci investe al mascone e ci
rallenta in maniera preoccupante. La terza ora di navigazione, invece, inizia
nella calma più totale: il vento contrario sembra sparire del tutto e a questo
punto ci aspettiamo che entri quella famosa bava di vento a favore, un leggero
sud-ovest che potrebbe sospingerci gentilmente verso l’isola. Invece niente,
neanche stavolta arriva. Torna invece più deciso di prima il vento contrario e
la nostra andatura precipita considerevolmente. Alle quattro del pomeriggio
pagaiamo alla miserevole velocità di crociera di 2 nodi e alle cinque siamo
diventati ancora più lenti, mentre il vento continua a rinforzare. Alle sei, in
dirittura di arrivo, scegliamo di dirigerci un po’ più a sud rispetto alla
nostra destinazione iniziale perché ci siamo stufati di pagaiare contro vento.
Ma sembra che ci sia una sorta di corrente respingente che avvolge l’isola e
che rende la nostra traversata sempre più lunga e faticosa, come se qualcosa
volesse tenerci lontani da Thassos. Con grande determinazione superiamo quello
che potrebbe essere un ricciolo di ritorno generato dal capo pronunciato oltre
il quale è appena scomparso il traghetto di linea: ma anche se ci fosse una
corrente di qualche tipo, sarebbe impossibile riuscire a distinguerla nella
trama intrecciata e confusa del mare di questo pomeriggio. Le onde, dapprima
regolari e parallele, sono diventate con l’avvicinarsi della costa, sempre più
disordinate ed incrociate, una sorta di piccola ma estesa “lavatrice” che
rimescola l’acqua in superficie. Gli ultimi tre chilometri sono i più difficili
della traversata, e anche i più strani rispetto a tante altre precedenti
traversate: per quanto impegno mettiamo nel pagaiare, i kayak sembrano non
avanzare. Quando stiamo per disperare, e cambiare ancora una volta la rotta,
per provare almeno a seguire verso sud il vento che adesso avvolge l’isola come
in una carta regalo, qualcosa ci fa sobbalzare in avanti e finalmente tocchiamo
terra.
La traversata mi ha
fruttato, dopo troppe cassette di polistirolo alla deriva tutte intorno a noi, l'avvistamento fortunato, nell’ordine, di un legnetto dipinto di azzurro, di un
carapace malmesso di una tartaruga terrestre finito chissà come in alto mare ed
infine di un bel pallone gonfiabile a spicchi colorati, l'unica cosa che recupero e che regalo, col beneplacito
della mamma, alla bimbetta che gioca coi fratellini nel giardino accanto al
nostro campo base.
Non possiamo certo dire di
essere arrivati in paradiso.
Thassos sembra la
prosecuzione della costa senza attrattive che ci siamo lasciati alle spalle.
Speriamo sia solo la sua “porta di servizio”. Le vecchie casette di mattoni dei
pescatori sono state costruite a due passi dal mare e sono incassate ora tra
alti condomini di cemento; i porticcioli sono tutti aperti a nord e questa cosa
comincia ad incuriosirci un bel po’, tanto che dovremo cercare di scoprirne il
perché; le spiagge di ciottoli sono corte e strette ed una trafficata strada
costiera corre tra il mare e le colline ricoperte di ulivi.
Non appena finiamo di
sistemare l’attrezzatura ci precipitiamo in taverna: almeno abbiamo un motivo
valido per chiudere la giornata in bellezza. Invece la gemistà è la più cattiva
di sempre, i suvlaki e le patate sono surgelati e mano a dirlo i prezzi sono i
più alti dall’inizio del viaggio. Meglio tornare in tenda a guardare le stelle:
e le luci intermittenti di un temporale che passa sulla costa e che mettono in
ombra le luci fissi delle due piattaforme petrolifere che occupano il braccio
di mare tra Thassos e la terraferma…
In traversata verso l'isola di Thassos, con una delle piattaforme sullo sfondo... |
Il primo pesce del viaggio! |
La bella spiaggia del sito archeologico "ancient pottery workshop"... |
Scogliere interessanti su Akrotiri Kefalas... |
.... ci son persino delle grotte! |
Pronti per la cena! |
Venerdì 3 agosto 2018 –
23° giorno di viaggio
Skala Sotiros – Potos
(Thassos) (23 km )
Vento NE 10-15 nodi (F3-4)
– mare poco mosso – 30°C
Incontri ravvicinati con
idioti di mare
Visto che abbiamo dormito
alle porte del paese, andiamo subito a fare la spesa: compriamo dolci freschi e
due caffè frappè glikò. Se il luogo non è proprio incantevole, e la cena è stata
pessima, speriamo almeno di recuperare con la prima colazione.
Mentre sono impegnata nei
miei soliti esercizi feldenkrais mattutini, scorgo tra i ciottoli della
spiaggia una bella ciprea lucida, la più grande che mi sia mai capitato di
trovare durante un viaggio in kayak: a riprova del fatto che ovunque si può
sempre scovare qualcosa di bello.
Siamo finiti nei pressi di
una cava di marmo e notiamo subito che qui il marmo bianco lo usano ovunque,
anche come materiale di scarto per riempire le barriere frangiflutti che ad
intervalli regolari proteggono (o mortificano?) la costa occidentale
dell’isola.
Il giardino della prima
casa che costeggiamo ancora molto vicini alla riva è pieno di grandissime giare
in cotto, alcune rovesciate in mezzo al prato, altre usate come vasi per le
piante di ulivo, altre ancora sistemate in bell’ordine lungo il muro di cinta.
Sono tantissime e tutte bellissime, dalle forme tondeggianti e alcune
romboidali mai viste prima. Il viaggio riserva sempre qualche bella sorpresa.
Caliamo tutta la deriva,
decisi a cavalcare le onde ingrossate dal vento del nord: per tutta risposta,
la famigerata corrente respingente che già ieri ci aveva dato filo da torcere,
oggi ci rallenta anche col vento a favore. Non andiamo più veloci di 2 nodi e
per risollevarci il morale caliamo le lenze: peschiamo nell’ordine e a turno
un’occhiata, un’orata ed una foglia di platano. Anche se l’orario è il meno
indicato per la pesca, oggi abbiamo la cena assicurata. Adesso il mio kayak ha
un “pUzzetto” che emana l’inconfondibile aroma di pescato fresco!
La carta nautica riporta
una spiaggia contrassegnata dal simbolo rosso del sito archeologico e dalla
scritta invitante “ancient pottery workshop”: non posso mancare di fare una
sosta proprio lì vicino, sia mai che non trovi un’antica “pottery” anch’io.
Stiamo per superare il porticciolo del paesino appena precedente il capo che ci
separa dall’agognata località archeologica, quando un bel due alberi in legno
dipinto di azzurro fa il suo ingresso nella stessa baia: procede lungo il paese
e sembra voler entrare in porto. Invece no: supera appena la luce verde e poi
vira di 90 gradi. Tagliandoci la strada! Non ci passa a poppa, lasciandoci il
tempo ed il modo di proseguire sulla nostra rotta. No, ci taglia proprio la
rotta, stringendo sulle nostre prue in maniera così repentina che ci costringe
non solo a fermarci di colpo ma anche a pagaiare all’indietro, e con una certa
decisione, pure, se non vogliamo prendere in fronte la sua bella polena! La sua
andatura è moderata, è un barcone per le visite giornaliere della costa
stracolmo di turisti, e fortuna che noi siamo sempre molto previdenti ed
attenti: evitiamo lo scontro all’ultimo secondo, siamo noi che lo evitiamo,
mica la barca a motore, il cui capitano si deve essere rincitrullito. I turisti
a bordo non devono capire bene le invettive di Mauro perché ad un certo punto qualcuno
comincia a salutare. Alla fine il capitano della Blu Sky si degna di uscire dalla
cabina di pilotaggio e si guarda attorno con aria interrogativa: ci mette un
bel po’ per capire che le urla provengono da quel kayak lì sotto che forse non
ha nemmeno visto. Mentre io mi limito a fargli le corna, ben visibili a così
poca distanza, Mauro diventa una belva e non la smette più di lanciare improperi
alla volta del due alberi, usando tutte le parole più conosciute al mondo per
insultare in italiano.
Non ci è mai capitato
prima di dover evitare la rotta di un barca a motore in maniera così repentina
e pericolosa. Ma perché non c’è più nessuno che rispetta le regole d’oro della
navigazione? Sarà che sapere come evitare gli abbordi in mare non è più
richiesto nei corsi per la patente nautica? Oppure quella barca turistica si
considera una barca di linea con diritto di precedenza assoluta anche su due
barchette a remi? Non si può stare tranquilli neanche in mare, oramai…
Ci riprendiamo dallo
spavento e dalla rabbia sbarcando per una lunga sosta sulla spiaggia
dell’ancient pottery workshop: dove trovo subito un’ancient pottery! Lo sapevo
io! Barretta di miele e sesamo, siesta all’ombra e shampoo in mare ci aiutano a
riprendere il coraggio di rimetterci a navigare. Speriamo di non incrociare più
il capitano della Blu Sky.
E invece sul capo successivo
ci capitano altri due incontri ravvicinati: prima con una barca a vela che
sbuca da dietro il promontorio e che vira sotto la scogliera passando davanti
alle nostre prue (neanche più dei velisti ci si può fidare!) e poi una
barchetta a motore di quelle prese a noleggio che per non allontanarsi troppo
dalla costa passa tra me e Mauro. Roba da matti. Il mare è sempre più pieno di
idioti!
Avvistiamo una sterna
artica e poi delle libellule rosse che svolazzano a lungo intorno ai nostri due
Voyager. L’ultimo capo Akrotiri Kefalas è abbastanza bello da scattargli
qualche foto, con le sue alte pareti di arenaria rossastra e qualche passaggio
interessante tra gli scogli.
Poi compare il golfo di
Limenaria, pieno di spiagge attrezzate, ed il porticciolo poco distante di
Potos, dove riconosciamo all’ancora il famigerato due alberi Blu Sky. Tagliamo
al largo per sfruttare l’ultimo vento al traverso della giornata e sbarchiamo
tra le foci di due piccoli fiumi che formano una corona di basso fondale
limaccioso con rami che spuntano dall’acqua in maniera alquanto decorativa:
l’acqua però è di un bel marrone scuro, per niente invitante nonostante le alte
temperature della giornata. Meno male che il vento rinfresca l’aria.
Cuciniamo il pesce per
condire il cous-cous mentre il cielo si tinge di un bel tramonto infuocato. Io
dico a Mauro, “Guarda quelle nuvole, sembrano dei fiori che sbocciano”. E lui:
“Pensa che invece è un temporale!”
Non è solo mancanza
cronica di romanticismo, è anche capacità innata di previsione meteorologica:
non appena ci infiliamo in tenda, pronti per dormire delle grossa, quel
temporale arriva anche a Thassos, costringendoci a montare anche il telo
esterno della tenda e a perdere l’attimo fuggente del primo sonno. Manco a
dirlo, appena montato il telo, la nuvola si dissolve, la pioggia finisce e
ricompaiono le stelle.
Risveglio all'ombra... |
Una palla! Una palla!! Una palla!!! |
Akrotiri Salonikios nel vento... |
Mauro c'è, ma il suo Voyager dov'è? |
Ultime pagaiate prima di entrare nella baietta di Kalami... |
I preziosi ritrovamenti della giornata! |
Sabato 4 agosto 2018 – 24°
giorno di viaggio
Potos – Paralia Kalami
(Thassos) (11 km )
Vento NE 15-20 nodi (F4-5)
– mare mosso – 32°C
Previsioni inattendibili
Ci svegliamo con comodo
all’ombra di una grande pianta frondosa.
Torniamo in paese anche
stamattina per rifare colazione con dolcetti e caffè. Mentre smontiamo il
campo, trovo in spiaggia il carapace oramai perfettamente ripulito di una
piccola tartaruga di terra: lo faccio mio.
Abbiamo il vento in poppa
soltanto per un chilometro, fino al capo che chiude a sud est il golfo di
Potos. Pensiamo poi di “scogliettare”, usando una specialissima tecnica di
navigazione messa a punto negli anni che ci permette di passare facilmente
lungo la costa rocciosa quando il vento soffia forte al largo. E invece niente:
tagliamo anche il golfo successivo, pieno di spiagge attrezzate e di calette
ricolme di barche all’ancora. Scorgiamo ancora la sagoma inconfondibile del due
alberi in legno Blu Sky e cerchiamo di tenerci alla massima distanza possibile.
Sul capo più pronunciato, Akrotiri Salonikios, al termine di una breve pagaiata
nel vento, trovo tra le onde una bella palla colorata e la faccio mia.
Dopo il capo capiamo al
volo due cose: il vento non cala, come invece dicevano le previsioni, e tutte
le barche si sono fermate sull’altro versante perché di qua la costa è completamente
esposta al Meltemi.
Con la palla ben stretta
tra le ginocchia, nascosta sotto il paraspruzzi nell'unico angolino libero del
pozzetto, mi avventuro tra i marosi, allontanandomi un poco dalla scogliera.
Mauro invece resta incollato alla costa per sfruttare al meglio la “lavatrice”
che in alcuni tratti è impostata sul “programma strofinacci”. Ci scambiamo
qualche sguardo d’intesa da lontano: è il primo mare mosso del viaggio e ci
mettiamo qualche minuto per affrontarlo con tranquillità. Finalmente un po’ di
mare! Quello che ti stringe lo stomaco e ti fa chiedere perché mai ci siamo
messi in kayak oggi, quello che ti fa saltare su e giù mentre le onde ricoprono
il ponte del kayak e gli spruzzi appannano gli occhiali, quello che ti fa sentire
piccolo piccolo tra un’infinità di onde grandi grandi. Poi l’ansia scompare e
ti ricordi come si controlla il kayak: col sedere! Palla colorata permettendo.
Le scogliere rocciose di
questo tratto di costa sono tutte uguali, grandi piattaforme basse e bianche
che ad uno sguardo poco attento sembrano tante piccole spiagge di sabbia: sono
invece lastroni dilavati e levigati dal mare, ora ricoperti dalle onde che
sempre più insistenti arrivano dal largo.
Scoviamo la nostra caletta
ridossata dopo pochi chilometri e poco più di un paio d’ore di navigazione,
giusto il tempo per riprendere confidenza col Meltemi. Sbarchiamo convinti di
farci solo una breve sosta per lo spuntino del pranzo. Le previsioni annunciano
un vento in forte calo per le tre del pomeriggio. Non ci resta che aspettare un
po’ prima di rimetterci in mare.
Ed invece alle cinque il
vento è ancora forte, e alle sei sembra tutt’altro che deciso a calare. Allora
noi decidiamo una volta per tutte che le previsioni del Nord Egeo sono
inaffidabili: facciamo partire Spot, ci rilassiamo ed aspettiamo la sera. Aggiorniamo
anche il blog, accovacciati all’ombra di un pino, anche se aggiornare il blog
senza avere una birra fredda davanti per Mauro è quasi una tortura. Soltanto
alle otto, quando è ormai ora di cena, il Meltemi accenna a calare
impercettibilmente…
Domattina vedremo cosa
fare.
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