Kavala – Salonicco e
ritorno (130 km
in nave + 166 km
in autobus + 200 km
con la Mauromobile )
Recupero della Mauromobile
I traghetti greci sono
puntuali come i treni svizzeri.
Almeno quello che noi
prendiamo da Limnos a Kavala: partenza alle 23.30 ed arrivo alle 4.00 del
giorno seguente. Già alle 3 del mattino gli altoparlanti gracchiano di
prepararsi allo sbarco.
Non abbiamo chiuso occhio,
anche se ci abbiamo provato, perchè i nostri due materassini distesi vicino
all’uscita sul ponte esterno hanno ricevuto la visita di tutti gli altri
passeggeri: chi andava fuori a fumare, chi a parlare col cane in gabbia, chi a
guardare il mare. Ogni volta che la porta si apriva o chiudeva (per non dire
delle mille volte in cui la porta è stata lasciata spalancata!), oltre all’aria
fresca della notte entrava anche il fischio del vento, che ci ha accompagnato
fino a destinazione.
Fortuna che il bar del
porto di Kavala è aperto già alle 5 del mattino.
Facciamo colazione comodamente
sprofondati nei suoi divanetti grigi, in attesa dell’autobus delle 6 che da
Kavala ci porterà a Salonicco, dove abbiamo lasciato la Mauromobile in un
parcheggio vicino al porto (perché all’inizio del viaggio pensavamo di poter
chiudere il giro tornando con il traghetto, eliminato giusto quest’estate, che
fino all’anno scorso ancora collegava l’isola di Limnos al porto di Salonicco).
Non riusciamo a chiudere
occhio neanche in pulman, ovviamente.
Ma all’arrivo ci
concediamo una seconda zuccherosissima colazione al bar della stazione centrale
degli autobus, così da avere tutto il tempo di riprendere un poco di energie e
di ammirare la strabiliante struttura architettonica della copertura metallica
di questo snodo nevralgico dei collegamenti stradali della Grecia
settentrionale.
Prendiamo un secondo
autobus per avvicinarci alla zona del porto e dopo qualche isolato percorso a
piedi ritroviamo finalmente il parcheggio a più piani dove è rimasta per 43
giorni la nostra amata Mauromobile.
Adesso possiamo riprendere
la via per Kavala, tornare al porto e recuperare i nostri due amati Voyager,
rimasti ad aspettarci proprio a due passi dal portellone di accesso del
traghetto, sotto lo sguardo attento dei due uomini addetti al carico che sin
dall’inizio sono stati con noi molto gentili (si ricordavano persino che ci eravamo
imbarcati due settimane prima sullo stretto traghetto per l’isola di Limnos!).
I due kayak sono sempre
lì, sotto il sole cocente di mezzogiorno ma con ogni cosa al proprio posto.
L’ingresso al porto è
pressoché libero, come ovunque in questa parte di Grecia, e con la Mauromobile arriviamo
fino al molo: svuotare i gavoni e riporre tutta l’attrezzatura in macchina ci
richiede poco più di un’ora. Alle due siamo pronti per cercare una taverna!
Lasciamo poi Kavala in
direzione di Alexandroupolis, l’unico porto da cui partono i traghetti per
l’isola di Samotracia. Avevamo rinunciato all’idea di raggiungerla in kayak, quando
avevamo scoperto che non esistono più collegamenti marittimi tra le due isole
di Thassos e di Samotracia, attivi fino all’anno passato ma cancellati proprio
quest’estate! Percorrere la costa greca tra le due isole non ci attirava per
niente e comunque coprire in kayak quelle distanze geografiche non combaciava
con i pochi giorni che avevamo ancora a disposizione (vogliamo rientrare ai
primi di settembre per seguire i lavori di ristrutturazione della nostra nuova
casa-capannone!). Adesso che con la Mauromobile si coprono distanze siderali in pochissime
ore, ci sembra giusto riprendere il vecchio programma e spingerci fino a
Samotracia, l’isola più orientale del Nord Egeo.
La carta della Terrain che
rileggo per la seconda volta ne racconta le meraviglie in maniera davvero
invitante: il monte Saos che coi suoi 1611 metri è il più alto
della Grecia insulare, ad eccezione delle isole di Eubea e di Creta, la Chora costruita alle sue
pendici per difendersi dalle incursioni dei pirati (come in tutte le isole
Cicladi!), le tante spiagge di ciottoli e di sabbia aperte su un mare blu
ripulito dalle grandi praterie di posidonia, le fonti di acqua dolce e le
cascate dei torrenti che corrono tra i boschi di querce, le uniche di tutte le
isole greche, le medioevali torri francesi costruite alle due estremità
dell’isola. Samotracia è famosa soprattutto per il santuario dedicato agli dei dove
è stata ritrovata la preziosa statua alata della dea Nike, venerata come dea
della vittoria sportiva e bellica, trafugata dal console francese nel 1863 ed oggi
ancora esposta nel museo del Louvre di Parigi. Ma sembra anche un’isola piena
di fascino, mistero e grandi bellezze naturali: fuori dalle tradizionali rotte
turistiche e dimenticata anche dalle compagnie di navigazione, Samotracia
sembra proprio l’isola giusta per risollevare un po’ le sorti di questo viaggio
in kayak nel Nord Egeo, ricco certo di begli incontri, tante scoperte ed un
gran numero di preziosi ritrovamenti, ma povero di coste interessanti, di
quelle isolate, rocciose e deserte che ci piace molto perlustrare in kayak…
Dopo averci rinunciato una
prima volta, proviamo adesso a ritornare sui nostri passi e a raggiungere
Samotracia.
Intanto però ci fermiamo
nella baia dei pellicani ai piedi dell’aeroporto di Kavala per tornare a
“grufolare” sulla spiaggia che ci aveva già regalato alcuni notevoli esemplari
di pinna nobilis lo scorso 7 agosto, quando ci siamo passati di ritorno
dall’isola di Thassos.
Torniamo quasi nello
stesso punto, ma dobbiamo fermarci prima del canale di collegamento tra gli
stagni retro-dunali ed il mare perché non c’è più traccia del sentiero che
corre lungo la costa.
Poco male, ci vado a
nuoto.
Torno dopo un paio d’ore
talmente carica di ricci, conchiglie, sassolini, spugne e pinne nobilis che per
guadare il canale devo inventarmi qualche stratagemma, che per una volta
inorgoglisce persino l’uomo di ferro: raccolgo in spiaggia una cassetta di
polistirolo per i ricci e le spugne ed un bidone di plastica da 20 litri tagliato a metà
per le pinne e le conchiglie, così da riuscire nell’impresa di nuotare con
questi due galleggianti davanti agli occhi per la breve distanza che mi separa
da Mauro e dalla Mauromobile.
Ceniamo sotto la pineta,
pronti per recuperare la notte insonne.
L'ultimo saluto al porticciolo di Myrina sull'isola di Limnos... |
L'arrivo al porto di Kavala... |
L'arrivo alla stazione degli autobus di Salonicco... |
Venerdì 24 agosto 2018 – 44° giorno di viaggio
Kavala – Nea Karvali (50 km in auto)
Ribellione della
Mauromobile
La pineta ci tiene ombra
per tutta la mattina.
Il lento risveglio ci fa
rientrare nei nostri abituali ritmi di viaggio, che sembra volgere al termine
ma che invece non è ancora terminato.
Il navigatore della
Mauromobile ci dice che il porto di Alexandroupolis dista poco più di 140 chilometri e che,
partendo con comodo, possiamo arrivare in tempo per il traghetto delle 3 del
pomeriggio per l’isola di Samotracia, la nostra ultima destinazione di questo
viaggio estivo in kayak.
Intanto che ci spostiamo
in auto per questi sentieri sterrati che corrono tra gli stagni costieri ed il
delta del fiume Nestos, ci sorprendiamo ancora una volta della gran quantità di
uccelli migratori che popolano queste zone umide: aironi, garzette, sterne,
trampolieri, beccacce di mare, oltre agli straordinari e giganteschi pellicani,
tutti insieme a pescare nell’acqua bassa e salmastra senza darsi il minimo
fastidio, a riprova che la
Natura insegna e pratica la convivenza molto meglio di noi
esseri umani.
Non capiamo bene come sia
stato possibile creare una riserva naturale così vasta e ben conservata che
ingloba al suo interno un aeroporto, una raffineria e una fabbrica di
fertilizzanti, oltre ad un’altra serie di capannoni industriali che però
sembrano stati nel frattempo abbandonati, chissà se per la crisi degli ultimi
anni o per quale altro insondabile ragione. Qui ci troviamo accerchiati da
campi coltivati a granturco, girasoli e kiwi, con strade sterrate da cui
transitano continuamente camion e trattori, e con zone paludose piene di vita:
ad un tratto, subito dopo una cruva, incrociamo nel mezzo della strada
polverosa una tartaruga d’acqua che subito i ritira nel suo carapace, con una
velocità tale da farlo dondolare a lungo. Salutiamo i nostri amici pellicani ed
imbocchiamo l’autostrada.
Nelle poche ore di guida
che ci aspettano fino ad Alexandropoulis, ripensiamo a tutte le cose fatte
nelle settimane precedenti ed in ordine sparso riaffiorano i ricordi del
viaggio: col gioco dei campi cerchiamo di ricostruire le varie tappe per
ricordare dove abbiamo montato la tenda (e dove ho scovato i miei preziosi
ritrovamenti), col gioco degli incontri ricordiamo le persone conosciute grazie
ai nostri kayak, col gioco delle taverne recuperiamo gli odori ed i sapori che
hanno accompagnato il nostro soggiorno greco. E poi i (tanti) tramonti sul
mare, le (poche) albe vissute sulla spiaggia (uno spettacolo che la natura
trasmette troppo presto per i nostri ritmi), il vento che ci ha tenuto spesso
compagnia, le giornate in mare e le onde e gli spruzzi, le zanzare della sera
che scompaiono quando soffia il Meltemi, il trasbordo del Monte Atos, la
meridiana di conchiglie di Yannis, la traversata sull’isola di Thassos, le dune
ricoperte di gigli all’isola di Limnos, le sue coste battute dal vento e le sue
colline bruciate dal sole, le palle colorate trovate in navigazione, le soste
nelle calette deserte…
Ad un certo punto la Mauromobile si
ribella.
Si accende un allarme
acustico e la spia rossa della temperatura. Il motore si è surriscaldato ed
impone una sosta immediata. Mauro apre il cofano ed è avvolto da nuvole di
vapore: pensa subito ad una perdita d’acqua e decide di far raffreddare il
motore. Quando lo riaccende al minimo, sceglie di aggiungere dell’acqua per
cercare di capire dov’è la perdita: è il radiatore. Non riporto le imprecazioni
che riempiono l’aria, sia le sue che le mie, mi limito a dire che riprendiamo
la strada procedendo a 60
chilometri orari, tenendo tutti e due gli occhi
incollati alla spia della temperatura: appena sale ci fermiamo, facciamo
raffreddare il motore e rabbocchiamo l’acqua. Così ogni 10 chilometri circa.
Impensabile proseguire in
queste condizioni fino ad Alexandroupolis.
Rinunciamo per la seconda
volta a raggiungere l’isola di Samotracia.
Ripieghiamo sulla vicina cittadina
di Xanthi, dove il cellulare sembra avere scovato un centro di assistenza
Renault. Che invece non c’è più.
Ci consoliamo in una
taverna nei pressi, una di quelle che non ci era ancora mai capitato di provare:
vendono pesce fresco nella contigua pescheria e nella sala accanto lo cuociono
per gli avventori che, pochi e soltanto a pranzo, frequentano il posto.
Entriamo poi in un
supermercato e, per la prima volta dall’inizio del viaggio, compriamo tre casse
d’acqua naturale: sono i rifornimenti per la Mauromobile , sperando
che possa camminare ancora per qualche chilometro, e magari coprire i 500 km che ci separano dal
porto di Igoumenitza, dove potremmo imbarcarci sul primo traghetto per
l’Italia.
Ma la Mauromobile è esausta:
arriva fino alla prima uscita autostradale, una ventina di chilometri ed un
paio d’ore dopo. Mauro segue con incredibile arguzia l’indicazione stradale di
un distributore (che qui in Greia sono quasi sempre posti fuori
dall’autostrada) e lì chiede aiuto: il ragazzo alla pompa ci dice di essere appena
stato in vacanza in Italia e che se ne è subito innamorato. Quando gli spieghiamo
il nostro problema si attiva al’istante con gli altri due ragazzi presenti: fanno
salire la Mauromobile
sulla buca, per ispezionare motore e radiatore, ma scoprono quello che noi già
sappiamo: il radiatore è bucato. La ventola di raffreddamento, che chissà come
ha perso una vita di fissaggio, si è spostata verso il radiatore e l’ha
lentamente lesionato. Brutta storia.
Va bene rinunciare a
Samotracia, ma come facciamo ora a tornare a casa? Di raggiungere Igoumenitza
in queste condizioni non se ne parla proprio!
Fortuna che a 500 metri dal
distributore c’è un meccanico.
Uno dei ragazzi ci fa
strada in motorino e spiega in greco quel che fino a quel momento abbiamo
discusso in inglese: si potrà sostituire il radiatore?
Il meccanico prova prima
con uno speciale liquido tura-falle, che però non sortisce il minimo effetto:
il buco si deve essere ingrandito. Allora si tiene la Mauromobile in
custodia, ordina il pezzo di ricambio e ci dà appuntamento per il giorno dopo.
Di questa officina
meccanica, forse l’unica in un piccolo paesino costiero nell’estremo confine
orientale della Grecia, ci colpisce soprattutto il fatto che il calendario
appeso alla parete d’ingresso non è con le “solite” donne nude, ma piuttosto
con delle caste ragazze in spiaggia in pose tutt’altro che erotiche. E anche il
fatto che la porta sul retro dà sull’aia piena di galli e galline che razzolano
con tutta tranquillità.
La madre del meccanico è
così gentile che ci accompagna in auto sulla spiaggia più vicina per
trascorrere la notte: con le nostre quattro carabattole in spalla salutiamo i
kayak e ci avviamo al nostro destino.
Per una notte intera siamo
soli con la nostra tendina, lontani sia dai kayak che dalla Mauromobile.
Bird-watching nella riserva naturale del delta del fiume Nestos... |
Tutti insieme senza distinzione di razza... |
Il campo nella pineta della spiaggia dei pellicani... |
Sabato 25 agosto 2018 –
45° giorno di viaggio
Nea Karvali – Nea Karvali
(0 km )
Riparazione della
Mauromobile
Aspettiamo in taverna.
All’ombra di un pergolato
ricoperto di vite americana attendiamo che arrivi l’ora di andare a ritirare la Mauromobile. Il
meccanico ci ha detto che il radiatore sarebbe arrivato a mezzogiorno e che il
lavoro gli avrebbe richiesto un paio d’ore.
Noi ce la prendiamo
comoda, come al solito. Ci viene facile.
Dopo avere smontato la
tenda ed aver lasciato le nostre quattro sacche all’ombra del telo parasole,
ben sapendo che tanto in questi luoghi nessuno tocca mai niente, ci spostiamo
poco più in là sulla strada costiera e ci accomodiamo intorno ai tavolini della
prima taverna sul mare.
Quando Mauro mi dice che
il radiatore nuovo rimetterà a nuovo anche la Mauromobile , io spero
di poter riprendere il vecchio programma di proseguire per Samotracia. Ma
l’uomo di ferro, impassibile, mi risponde così: “Tu fai come vuoi. Io non ci
vengo, a Samotracia”. Secondo lui, gli eventi ci stanno dicendo in tutti i modi
di non andarci. Punto. E così devo rinunciare per la terza volta a raggiungere
l’isola dei mie sogni…
Ma il viaggio è stato già
pieno di emozioni e di ricordi da rimettere in ordine: siamo contenti di essere
incappati in questa piccola taverna curata di questo piccolo paesino costiero,
siamo dispiaciuti di non poter visitare anche la terza isola del nostro giro in
kayak del Nord Egeo ma siamo anche felici di avere vissuto un altro lungo
viaggio per mare, ricco come tutti i viaggi di imprevisti e di piccole gioie.
Ripensiamo ancora al
temporale che ci ha colto nella Calcidica, al mare grosso che ci ha impegnato a
Limnos, alle giornate noiose trascorse a pagaiare lungo una costa troppo antropizzata
sulla terraferma (ma anche nell’isola di Thassos) oppure a quei rari momenti in
cui ci siamo ritrovati da soli lungo le scogliere erose dall’acqua e dal vento
intorno all’isola di Limnos. Chissà cosa ci avrebbe riservato ancora l’isola di
Samotracia, ma ormai è inutile pensarci!
Siamo comunque contenti di
avere avuto la fortuna di vivere altri lunghi giorni in mare, di avere pagaiato
per oltre 40 giorni con i nostri due kayak, di avere fatto campeggio libero in
luoghi altrimenti irraggiungibili.
A pensarci bene, ci piace
anche l’idea di tornare a casa: significa che il viaggio ha fatto il suo corso
e ha sortito i suoi effetti.
Non facciamo in tempo ad
alzarci da tavola e a caricarci delle nostre sacche, per incamminarci sotto il
sole delle due del pomeriggio verso l’officina meccanica, distante poco più di
un chilometro, che si presenta nel giardino ombreggiato della taverna il nostre
meccanico di fiducia: il radiatore è arrivato, il pezzo è stato sostituito e la Mauromobile è pronta!
Quando poi arriva il
momento di pagare, pensiamo anche che tutte le riparazioni meccaniche dovremmo
venire a farle qui in Grecia! Ringraziamo di cuore Nikolaos Tsentemidis
dell’Auto Service di Nea Karvali per la gentilezza, la disponibilità e la cura
messa nella riparazione: prima di salutarci, ci ha anche fatto vedere le
pessime condizioni in cui versava il radiatore, otturato per metà da polvere e
grasso, e che quindi a breve ci avrebbe dato di certo dei problemi.
Torniamo alla spiaggia dei
pellicani, però dall’altra parte dell’aeroporto, giusto per cambiare posto e
mantenere l’abitudine di montare la tenda in ogni sera in luoghi diversi. Scoviamo
una delle comuni spiagge comunali che da queste parti sono sempre attrezzate
con ombrelloni distanziati, docce di acqua dolce e spogliatoi: qui c’è anche il
bagno, la chiesetta bianca e azzurra ed una bella boscaglia ombrosa sotto cui
parcheggiamo la
Mauromobile.
Una coppia di amici camperisti
austriaci viene subito a dirci che è vietato campeggiare nei pressi della
chiesetta, c’è un piccolo cartello sull’altro lato scritto in greco e bulgaro
che lo dice “chiaramente”. Allora ci spostiamo tra i loro due camper, all’ombra
di un’alta pianta su cui, a quest’ora della sera, discute animatamente un
grande stormo di passeri.
Il tramonto sui monti che
circondano Kavala è infuocato e tinge di una certa fascinazione anche questo
campo distante più del solito dalla spiaggia.
In buca... |
Di nuovo insieme... |
Al lavoro in taverna... |
Domenica 26 agosto 2018 –
46° giorno di viaggio
Nea Karvali – Meteore (400 km con la Mauromobile )
Ennesimo cambio di
programma
Visto che non posso andare
a Samotracia, cerco un posto alternativo per chiudere la nostra vacanza nel
Nord Egeo: le Meteore.
Mauro sembra acconsentire,
tanto sono di strada…
Con un nuovo programma di
viaggio in testa, ci spostiamo dalla spiaggia comunale alla nostra solita
taverna di Nea Karvali, una di quelle in cui ti
fanno entrare in cucina per scegliere i piatti del giorno: ci sistemiamo nella
sala interna per ricaricare le attrezzatura elettroniche ed aggiornare il blog.
Ordiniamo insalata greca e quel che offre al casa, accompagnando il pasto con
una nuova birra greca che Mauro apprezza più delle altre: Vergina (di cui
magari ci riuscirà di fare rifornimento prima di rientrare).
Dopo pranzo ci aspettano quattro ore di auto per raggiungere le Meteore, che contiamo di visitare domani…
Dopo pranzo ci aspettano quattro ore di auto per raggiungere le Meteore, che contiamo di visitare domani…
Quando non siamo in kayak
ci passa anche la fantasia di fare fotografie: Mauro si sorprende di avere
scattato un’unica foto agli uccelli dello stagno da quando è sceso dal suo
Voyager.
Io invece sono contenta di avere il tempo per riprendere la lettura
intensiva di un libretto interessantissimo che mi sono portata in kayak e che
durante le giornate di navigazione non sono mai riuscita ad aprire. Il titolo
mi aveva attratta prima ancora di capirne il contenuto: Traversate, del francese
Thierry Fabre. E’ un volumetto del 2001 che mi sembra di un’attualità
indiscutibile: ed illuminante. Parla del Mediterraneo, di questo cielo
terrestre che unisce le terre che separa, di questa terra celeste che vive in modo
simile il rapporto col mare. E con l’altro. L’autore spiega con raffinata
intuizione come il Mediterraneo sia non tanto un mare chiuso tra l’Europa e
l’Africa, tra le Colonne d’Ercole ed i Dardanelli, quando un ponte di
congiunzione tra Oriente ed Occidente, un mare aperto verso l’Altro. Il modo di essere mediterraneo, il modo
mediterraneo di essere nel mondo, accomuna tante città che si affacciano sulle
sue rive, come Tunisi, Tangeri, Barcellona, Marsiglia, Palermo, Atene,
Alessandria d’Egitto ed Istanbul, le città-cosmo che l’autore ha raggiunto più
e più volte nelle sue ripetute traversate del Mediterraneo. L’essere nel mondo
mediterraneo, come lui ripete più volte, esprime “un’appartenenza aperta e,
allo stesso tempo, uno stile di vita distinto dall’occidentalismo”,
dall’American Way of Life: “è veramente indispensabile mangiare tutti la stessa
cosa, guardare tutti le stesse immagini nello stesso momento, vivere tutti allo
stesso ritmo, sognare le stesse cose e vestirsi allo steso modo?”. Nel
Mediterraneo nessuno è uguale all’altro perché il mare è sempre stato “intreccio
di origini e mescolanza di sangue”: “tutta la bellezza di questo modo di essere nel mondo sta, appunto,
in questo amalgama, nelle relazioni permanenti suscitate dalla storia. Le
origini, greche e latine, ebree e arabe, non hanno masi smesso di penetrarsi
reciprocamente, di attrarsi e di respingersi”.
Un sogno, forse, un ideale
che in questi tempi bui fatti di barriere, chiusure e respingimenti non sembra più
realizzabile, ma in fondo c’è ancora un barlume di speranza: nella musica che
si diffonde sulle opposte sponde con sonorità simili e familiari, nello stesso
piacere di giocare a dama all’ombra di un caffè, nel (ri)pensare la costa turca
come l’altro lato del Mar Egeo, e nei catanesi che portano gli arancini ai
profughi trattenuti sulla nave che li ha salvati. Nel riconoscere l’altro come
il diverso che ci completa.
Il Mediterraneo è un mare aperto:
l’altra sponda non è mai lontana.
Dovrebbero leggerlo in
tanti, questi piccolo libretto sulle traversate.
Ci farebbe vivere tutti in
un mondo mediterraneo migliore!
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