SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

... un altro viaggio in Grecia... là dove nasce il Meltemi...
partiremo da Salonicco e costeggeremo la penisola della Calcidica, sperando di poter navigare anche intorno alla repubblica monastica del Monte Athos. Poi sarà la volta delle isole Thasos, Samothraki e Limnos.
Per noi è un viaggio aperto, sia per il tempo a disposizione che per altri kayaker che si vorranno unire a noi.
Partiremo ai primi di luglio e contiamo di finire entro agosto. Controllando la posizione che regolarmente pubblicheremo
sul blog e su Facebook, sarà possibile raggiungerci in ogni momento per far parte della squadra.
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!

Le nostre pagine Facebook: Tatiana Cappucci - Mauro Ferro
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domenica 26 agosto 2018

Imprevisti di viaggio...

Giovedì 23 agosto 2018 – 43° giorno di viaggio
Kavala – Salonicco e ritorno (130 km in nave + 166 km in autobus + 200 km con la Mauromobile)
Recupero della Mauromobile
I traghetti greci sono puntuali come i treni svizzeri.
Almeno quello che noi prendiamo da Limnos a Kavala: partenza alle 23.30 ed arrivo alle 4.00 del giorno seguente. Già alle 3 del mattino gli altoparlanti gracchiano di prepararsi allo sbarco.  
Non abbiamo chiuso occhio, anche se ci abbiamo provato, perchè i nostri due materassini distesi vicino all’uscita sul ponte esterno hanno ricevuto la visita di tutti gli altri passeggeri: chi andava fuori a fumare, chi a parlare col cane in gabbia, chi a guardare il mare. Ogni volta che la porta si apriva o chiudeva (per non dire delle mille volte in cui la porta è stata lasciata spalancata!), oltre all’aria fresca della notte entrava anche il fischio del vento, che ci ha accompagnato fino a destinazione.
Fortuna che il bar del porto di Kavala è aperto già alle 5 del mattino.
Facciamo colazione comodamente sprofondati nei suoi divanetti grigi, in attesa dell’autobus delle 6 che da Kavala ci porterà a Salonicco, dove abbiamo lasciato la Mauromobile in un parcheggio vicino al porto (perché all’inizio del viaggio pensavamo di poter chiudere il giro tornando con il traghetto, eliminato giusto quest’estate, che fino all’anno scorso ancora collegava l’isola di Limnos al porto di Salonicco).
Non riusciamo a chiudere occhio neanche in pulman, ovviamente.
Ma all’arrivo ci concediamo una seconda zuccherosissima colazione al bar della stazione centrale degli autobus, così da avere tutto il tempo di riprendere un poco di energie e di ammirare la strabiliante struttura architettonica della copertura metallica di questo snodo nevralgico dei collegamenti stradali della Grecia settentrionale.
Prendiamo un secondo autobus per avvicinarci alla zona del porto e dopo qualche isolato percorso a piedi ritroviamo finalmente il parcheggio a più piani dove è rimasta per 43 giorni la nostra amata Mauromobile.
Adesso possiamo riprendere la via per Kavala, tornare al porto e recuperare i nostri due amati Voyager, rimasti ad aspettarci proprio a due passi dal portellone di accesso del traghetto, sotto lo sguardo attento dei due uomini addetti al carico che sin dall’inizio sono stati con noi molto gentili (si ricordavano persino che ci eravamo imbarcati due settimane prima sullo stretto traghetto per l’isola di Limnos!).
I due kayak sono sempre lì, sotto il sole cocente di mezzogiorno ma con ogni cosa al proprio posto.
L’ingresso al porto è pressoché libero, come ovunque in questa parte di Grecia, e con la Mauromobile arriviamo fino al molo: svuotare i gavoni e riporre tutta l’attrezzatura in macchina ci richiede poco più di un’ora. Alle due siamo pronti per cercare una taverna!
Lasciamo poi Kavala in direzione di Alexandroupolis, l’unico porto da cui partono i traghetti per l’isola di Samotracia. Avevamo rinunciato all’idea di raggiungerla in kayak, quando avevamo scoperto che non esistono più collegamenti marittimi tra le due isole di Thassos e di Samotracia, attivi fino all’anno passato ma cancellati proprio quest’estate! Percorrere la costa greca tra le due isole non ci attirava per niente e comunque coprire in kayak quelle distanze geografiche non combaciava con i pochi giorni che avevamo ancora a disposizione (vogliamo rientrare ai primi di settembre per seguire i lavori di ristrutturazione della nostra nuova casa-capannone!). Adesso che con la Mauromobile si coprono distanze siderali in pochissime ore, ci sembra giusto riprendere il vecchio programma e spingerci fino a Samotracia, l’isola più orientale del Nord Egeo.
La carta della Terrain che rileggo per la seconda volta ne racconta le meraviglie in maniera davvero invitante: il monte Saos che coi suoi 1611 metri è il più alto della Grecia insulare, ad eccezione delle isole di Eubea e di Creta, la Chora costruita alle sue pendici per difendersi dalle incursioni dei pirati (come in tutte le isole Cicladi!), le tante spiagge di ciottoli e di sabbia aperte su un mare blu ripulito dalle grandi praterie di posidonia, le fonti di acqua dolce e le cascate dei torrenti che corrono tra i boschi di querce, le uniche di tutte le isole greche, le medioevali torri francesi costruite alle due estremità dell’isola. Samotracia è famosa soprattutto per il santuario dedicato agli dei dove è stata ritrovata la preziosa statua alata della dea Nike, venerata come dea della vittoria sportiva e bellica, trafugata dal console francese nel 1863 ed oggi ancora esposta nel museo del Louvre di Parigi. Ma sembra anche un’isola piena di fascino, mistero e grandi bellezze naturali: fuori dalle tradizionali rotte turistiche e dimenticata anche dalle compagnie di navigazione, Samotracia sembra proprio l’isola giusta per risollevare un po’ le sorti di questo viaggio in kayak nel Nord Egeo, ricco certo di begli incontri, tante scoperte ed un gran numero di preziosi ritrovamenti, ma povero di coste interessanti, di quelle isolate, rocciose e deserte che ci piace molto perlustrare in kayak…
Dopo averci rinunciato una prima volta, proviamo adesso a ritornare sui nostri passi e a raggiungere Samotracia.
Intanto però ci fermiamo nella baia dei pellicani ai piedi dell’aeroporto di Kavala per tornare a “grufolare” sulla spiaggia che ci aveva già regalato alcuni notevoli esemplari di pinna nobilis lo scorso 7 agosto, quando ci siamo passati di ritorno dall’isola di Thassos.
Torniamo quasi nello stesso punto, ma dobbiamo fermarci prima del canale di collegamento tra gli stagni retro-dunali ed il mare perché non c’è più traccia del sentiero che corre lungo la costa.
Poco male, ci vado a nuoto.
Torno dopo un paio d’ore talmente carica di ricci, conchiglie, sassolini, spugne e pinne nobilis che per guadare il canale devo inventarmi qualche stratagemma, che per una volta inorgoglisce persino l’uomo di ferro: raccolgo in spiaggia una cassetta di polistirolo per i ricci e le spugne ed un bidone di plastica da 20 litri tagliato a metà per le pinne e le conchiglie, così da riuscire nell’impresa di nuotare con questi due galleggianti davanti agli occhi per la breve distanza che mi separa da Mauro e dalla Mauromobile.
Ceniamo sotto la pineta, pronti per recuperare la notte insonne.

L'ultimo saluto al porticciolo di Myrina sull'isola di Limnos...
L'arrivo al porto di Kavala...
L'arrivo alla stazione degli autobus di Salonicco...

Venerdì 24 agosto 2018 – 44° giorno di viaggio
Kavala – Nea Karvali (50 km in auto)
Ribellione della Mauromobile
La pineta ci tiene ombra per tutta la mattina.
Il lento risveglio ci fa rientrare nei nostri abituali ritmi di viaggio, che sembra volgere al termine ma che invece non è ancora terminato.
Il navigatore della Mauromobile ci dice che il porto di Alexandroupolis dista poco più di 140 chilometri e che, partendo con comodo, possiamo arrivare in tempo per il traghetto delle 3 del pomeriggio per l’isola di Samotracia, la nostra ultima destinazione di questo viaggio estivo in kayak.
Intanto che ci spostiamo in auto per questi sentieri sterrati che corrono tra gli stagni costieri ed il delta del fiume Nestos, ci sorprendiamo ancora una volta della gran quantità di uccelli migratori che popolano queste zone umide: aironi, garzette, sterne, trampolieri, beccacce di mare, oltre agli straordinari e giganteschi pellicani, tutti insieme a pescare nell’acqua bassa e salmastra senza darsi il minimo fastidio, a riprova che la Natura insegna e pratica la convivenza molto meglio di noi esseri umani.
Non capiamo bene come sia stato possibile creare una riserva naturale così vasta e ben conservata che ingloba al suo interno un aeroporto, una raffineria e una fabbrica di fertilizzanti, oltre ad un’altra serie di capannoni industriali che però sembrano stati nel frattempo abbandonati, chissà se per la crisi degli ultimi anni o per quale altro insondabile ragione. Qui ci troviamo accerchiati da campi coltivati a granturco, girasoli e kiwi, con strade sterrate da cui transitano continuamente camion e trattori, e con zone paludose piene di vita: ad un tratto, subito dopo una cruva, incrociamo nel mezzo della strada polverosa una tartaruga d’acqua che subito i ritira nel suo carapace, con una velocità tale da farlo dondolare a lungo. Salutiamo i nostri amici pellicani ed imbocchiamo l’autostrada.   
Nelle poche ore di guida che ci aspettano fino ad Alexandropoulis, ripensiamo a tutte le cose fatte nelle settimane precedenti ed in ordine sparso riaffiorano i ricordi del viaggio: col gioco dei campi cerchiamo di ricostruire le varie tappe per ricordare dove abbiamo montato la tenda (e dove ho scovato i miei preziosi ritrovamenti), col gioco degli incontri ricordiamo le persone conosciute grazie ai nostri kayak, col gioco delle taverne recuperiamo gli odori ed i sapori che hanno accompagnato il nostro soggiorno greco. E poi i (tanti) tramonti sul mare, le (poche) albe vissute sulla spiaggia (uno spettacolo che la natura trasmette troppo presto per i nostri ritmi), il vento che ci ha tenuto spesso compagnia, le giornate in mare e le onde e gli spruzzi, le zanzare della sera che scompaiono quando soffia il Meltemi, il trasbordo del Monte Atos, la meridiana di conchiglie di Yannis, la traversata sull’isola di Thassos, le dune ricoperte di gigli all’isola di Limnos, le sue coste battute dal vento e le sue colline bruciate dal sole, le palle colorate trovate in navigazione, le soste nelle calette deserte…
Ad un certo punto la Mauromobile si ribella.
Si accende un allarme acustico e la spia rossa della temperatura. Il motore si è surriscaldato ed impone una sosta immediata. Mauro apre il cofano ed è avvolto da nuvole di vapore: pensa subito ad una perdita d’acqua e decide di far raffreddare il motore. Quando lo riaccende al minimo, sceglie di aggiungere dell’acqua per cercare di capire dov’è la perdita: è il radiatore. Non riporto le imprecazioni che riempiono l’aria, sia le sue che le mie, mi limito a dire che riprendiamo la strada procedendo a 60 chilometri orari, tenendo tutti e due gli occhi incollati alla spia della temperatura: appena sale ci fermiamo, facciamo raffreddare il motore e rabbocchiamo l’acqua. Così ogni 10 chilometri circa.
Impensabile proseguire in queste condizioni fino ad Alexandroupolis.
Rinunciamo per la seconda volta a raggiungere l’isola di Samotracia.
Ripieghiamo sulla vicina cittadina di Xanthi, dove il cellulare sembra avere scovato un centro di assistenza Renault. Che invece non c’è più.
Ci consoliamo in una taverna nei pressi, una di quelle che non ci era ancora mai capitato di provare: vendono pesce fresco nella contigua pescheria e nella sala accanto lo cuociono per gli avventori che, pochi e soltanto a pranzo, frequentano il posto.
Entriamo poi in un supermercato e, per la prima volta dall’inizio del viaggio, compriamo tre casse d’acqua naturale: sono i rifornimenti per la Mauromobile, sperando che possa camminare ancora per qualche chilometro, e magari coprire i 500 km che ci separano dal porto di Igoumenitza, dove potremmo imbarcarci sul primo traghetto per l’Italia.
Ma la Mauromobile è esausta: arriva fino alla prima uscita autostradale, una ventina di chilometri ed un paio d’ore dopo. Mauro segue con incredibile arguzia l’indicazione stradale di un distributore (che qui in Greia sono quasi sempre posti fuori dall’autostrada) e lì chiede aiuto: il ragazzo alla pompa ci dice di essere appena stato in vacanza in Italia e che se ne è subito innamorato. Quando gli spieghiamo il nostro problema si attiva al’istante con gli altri due ragazzi presenti: fanno salire la Mauromobile sulla buca, per ispezionare motore e radiatore, ma scoprono quello che noi già sappiamo: il radiatore è bucato. La ventola di raffreddamento, che chissà come ha perso una vita di fissaggio, si è spostata verso il radiatore e l’ha lentamente lesionato. Brutta storia.
Va bene rinunciare a Samotracia, ma come facciamo ora a tornare a casa? Di raggiungere Igoumenitza in queste condizioni non se ne parla proprio!
Fortuna che a 500 metri dal distributore c’è un meccanico.
Uno dei ragazzi ci fa strada in motorino e spiega in greco quel che fino a quel momento abbiamo discusso in inglese: si potrà sostituire il radiatore?
Il meccanico prova prima con uno speciale liquido tura-falle, che però non sortisce il minimo effetto: il buco si deve essere ingrandito. Allora si tiene la Mauromobile in custodia, ordina il pezzo di ricambio e ci dà appuntamento per il giorno dopo.
Di questa officina meccanica, forse l’unica in un piccolo paesino costiero nell’estremo confine orientale della Grecia, ci colpisce soprattutto il fatto che il calendario appeso alla parete d’ingresso non è con le “solite” donne nude, ma piuttosto con delle caste ragazze in spiaggia in pose tutt’altro che erotiche. E anche il fatto che la porta sul retro dà sull’aia piena di galli e galline che razzolano con tutta tranquillità.
La madre del meccanico è così gentile che ci accompagna in auto sulla spiaggia più vicina per trascorrere la notte: con le nostre quattro carabattole in spalla salutiamo i kayak e ci avviamo al nostro destino.
Per una notte intera siamo soli con la nostra tendina, lontani sia dai kayak che dalla Mauromobile.

Bird-watching nella riserva naturale del delta del fiume Nestos...
Tutti insieme senza distinzione di razza...
Il campo nella pineta della spiaggia dei pellicani...

Sabato 25 agosto 2018 – 45° giorno di viaggio
Nea Karvali – Nea Karvali (0 km)
Riparazione della Mauromobile
Aspettiamo in taverna.
All’ombra di un pergolato ricoperto di vite americana attendiamo che arrivi l’ora di andare a ritirare la Mauromobile. Il meccanico ci ha detto che il radiatore sarebbe arrivato a mezzogiorno e che il lavoro gli avrebbe richiesto un paio d’ore.
Noi ce la prendiamo comoda, come al solito. Ci viene facile.
Dopo avere smontato la tenda ed aver lasciato le nostre quattro sacche all’ombra del telo parasole, ben sapendo che tanto in questi luoghi nessuno tocca mai niente, ci spostiamo poco più in là sulla strada costiera e ci accomodiamo intorno ai tavolini della prima taverna sul mare.
Quando Mauro mi dice che il radiatore nuovo rimetterà a nuovo anche la Mauromobile, io spero di poter riprendere il vecchio programma di proseguire per Samotracia. Ma l’uomo di ferro, impassibile, mi risponde così: “Tu fai come vuoi. Io non ci vengo, a Samotracia”. Secondo lui, gli eventi ci stanno dicendo in tutti i modi di non andarci. Punto. E così devo rinunciare per la terza volta a raggiungere l’isola dei mie sogni…
Ma il viaggio è stato già pieno di emozioni e di ricordi da rimettere in ordine: siamo contenti di essere incappati in questa piccola taverna curata di questo piccolo paesino costiero, siamo dispiaciuti di non poter visitare anche la terza isola del nostro giro in kayak del Nord Egeo ma siamo anche felici di avere vissuto un altro lungo viaggio per mare, ricco come tutti i viaggi di imprevisti e di piccole gioie.
Ripensiamo ancora al temporale che ci ha colto nella Calcidica, al mare grosso che ci ha impegnato a Limnos, alle giornate noiose trascorse a pagaiare lungo una costa troppo antropizzata sulla terraferma (ma anche nell’isola di Thassos) oppure a quei rari momenti in cui ci siamo ritrovati da soli lungo le scogliere erose dall’acqua e dal vento intorno all’isola di Limnos. Chissà cosa ci avrebbe riservato ancora l’isola di Samotracia, ma ormai è inutile pensarci!
Siamo comunque contenti di avere avuto la fortuna di vivere altri lunghi giorni in mare, di avere pagaiato per oltre 40 giorni con i nostri due kayak, di avere fatto campeggio libero in luoghi altrimenti irraggiungibili.
A pensarci bene, ci piace anche l’idea di tornare a casa: significa che il viaggio ha fatto il suo corso e ha sortito i suoi effetti.
Non facciamo in tempo ad alzarci da tavola e a caricarci delle nostre sacche, per incamminarci sotto il sole delle due del pomeriggio verso l’officina meccanica, distante poco più di un chilometro, che si presenta nel giardino ombreggiato della taverna il nostre meccanico di fiducia: il radiatore è arrivato, il pezzo è stato sostituito e la Mauromobile è pronta!
Quando poi arriva il momento di pagare, pensiamo anche che tutte le riparazioni meccaniche dovremmo venire a farle qui in Grecia! Ringraziamo di cuore Nikolaos Tsentemidis dell’Auto Service di Nea Karvali per la gentilezza, la disponibilità e la cura messa nella riparazione: prima di salutarci, ci ha anche fatto vedere le pessime condizioni in cui versava il radiatore, otturato per metà da polvere e grasso, e che quindi a breve ci avrebbe dato di certo dei problemi.  
Torniamo alla spiaggia dei pellicani, però dall’altra parte dell’aeroporto, giusto per cambiare posto e mantenere l’abitudine di montare la tenda in ogni sera in luoghi diversi. Scoviamo una delle comuni spiagge comunali che da queste parti sono sempre attrezzate con ombrelloni distanziati, docce di acqua dolce e spogliatoi: qui c’è anche il bagno, la chiesetta bianca e azzurra ed una bella boscaglia ombrosa sotto cui parcheggiamo la Mauromobile.
Una coppia di amici camperisti austriaci viene subito a dirci che è vietato campeggiare nei pressi della chiesetta, c’è un piccolo cartello sull’altro lato scritto in greco e bulgaro che lo dice “chiaramente”. Allora ci spostiamo tra i loro due camper, all’ombra di un’alta pianta su cui, a quest’ora della sera, discute animatamente un grande stormo di passeri.
Il tramonto sui monti che circondano Kavala è infuocato e tinge di una certa fascinazione anche questo campo distante più del solito dalla spiaggia.

In buca...
Di nuovo insieme...
Al lavoro in taverna...

Domenica 26 agosto 2018 – 46° giorno di viaggio
Nea Karvali – Meteore (400 km con la Mauromobile)
Ennesimo cambio di programma
Visto che non posso andare a Samotracia, cerco un posto alternativo per chiudere la nostra vacanza nel Nord Egeo: le Meteore.
Mauro sembra acconsentire, tanto sono di strada…
Con un nuovo programma di viaggio in testa, ci spostiamo dalla spiaggia comunale alla nostra solita taverna di Nea Karvali, una di quelle in cui ti fanno entrare in cucina per scegliere i piatti del giorno: ci sistemiamo nella sala interna per ricaricare le attrezzatura elettroniche ed aggiornare il blog. Ordiniamo insalata greca e quel che offre al casa, accompagnando il pasto con una nuova birra greca che Mauro apprezza più delle altre: Vergina (di cui magari ci riuscirà di fare rifornimento prima di rientrare).
Dopo pranzo ci aspettano quattro ore di auto per raggiungere le Meteore, che contiamo di visitare domani…
Quando non siamo in kayak ci passa anche la fantasia di fare fotografie: Mauro si sorprende di avere scattato un’unica foto agli uccelli dello stagno da quando è sceso dal suo Voyager.
Io invece sono contenta di avere il tempo per riprendere la lettura intensiva di un libretto interessantissimo che mi sono portata in kayak e che durante le giornate di navigazione non sono mai riuscita ad aprire. Il titolo mi aveva attratta prima ancora di capirne il contenuto: Traversate, del francese Thierry Fabre. E’ un volumetto del 2001 che mi sembra di un’attualità indiscutibile: ed illuminante. Parla del Mediterraneo, di questo cielo terrestre che unisce le terre che separa, di questa terra celeste che vive in modo simile il rapporto col mare. E con l’altro. L’autore spiega con raffinata intuizione come il Mediterraneo sia non tanto un mare chiuso tra l’Europa e l’Africa, tra le Colonne d’Ercole ed i Dardanelli, quando un ponte di congiunzione tra Oriente ed Occidente, un mare aperto verso l’Altro. Il modo di essere mediterraneo, il modo mediterraneo di essere nel mondo, accomuna tante città che si affacciano sulle sue rive, come Tunisi, Tangeri, Barcellona, Marsiglia, Palermo, Atene, Alessandria d’Egitto ed Istanbul, le città-cosmo che l’autore ha raggiunto più e più volte nelle sue ripetute traversate del Mediterraneo. L’essere nel mondo mediterraneo, come lui ripete più volte, esprime “un’appartenenza aperta e, allo stesso tempo, uno stile di vita distinto dall’occidentalismo”, dall’American Way of Life: “è veramente indispensabile mangiare tutti la stessa cosa, guardare tutti le stesse immagini nello stesso momento, vivere tutti allo stesso ritmo, sognare le stesse cose e vestirsi allo steso modo?”. Nel Mediterraneo nessuno è uguale all’altro perché il mare è sempre stato “intreccio di origini e mescolanza di sangue”: “tutta la bellezza di questo modo di essere nel mondo sta, appunto, in questo amalgama, nelle relazioni permanenti suscitate dalla storia. Le origini, greche e latine, ebree e arabe, non hanno masi smesso di penetrarsi reciprocamente, di attrarsi e di respingersi”.
Un sogno, forse, un ideale che in questi tempi bui fatti di barriere, chiusure e respingimenti non sembra più realizzabile, ma in fondo c’è ancora un barlume di speranza: nella musica che si diffonde sulle opposte sponde con sonorità simili e familiari, nello stesso piacere di giocare a dama all’ombra di un caffè, nel (ri)pensare la costa turca come l’altro lato del Mar Egeo, e nei catanesi che portano gli arancini ai profughi trattenuti sulla nave che li ha salvati. Nel riconoscere l’altro come il diverso che ci completa.
Il Mediterraneo è un mare aperto: l’altra sponda non è mai lontana.
Dovrebbero leggerlo in tanti, questi piccolo libretto sulle traversate.
Ci farebbe vivere tutti in un mondo mediterraneo migliore!

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